But you can say baby, Baby can I hold you tonight, Maybe if I told you the right words, At the right time you’d be mine
A volte la vita ci pone di fronte a delle alternative. Vado o resto. Chiamo o aspetto. Ci credo o lo mando affanculo? A volte queste alternative sembrano decisive per i nostri destini futuri. Da quella scelta ne discendono molte altre e questo – il futuro A o quello B – ci condiziona. Ci fa tentennare, ci fa pensare e ripensare, non ci fa dormire la notte. Non parliamo del dopo. Se avessi fatto questo, se non avessi fatto quell’altro…
Le scelte non fatte (o quelle fatte) rimangono ancora più condizionanti di quelle da fare (o non fare). Vuoi più bene a mamma o papà? Se fossi su una torre chi butteresti giù, Tizio o Caio? Bianco o nero? Come se la nostra vita fosse una scacchiera.
Problemi irrisolvibili per noi che non abbiamo abbastanza pazienza. Né fantasia. Non abbiamo abbastanza fantasia, né pazienza per cercare una terza soluzione. Che sarà sicuramente più complicata, più faticosa, meno banale, magari anche meno risolutiva, però senza dubbio più articolata.
Perché come diceva anche il mio amico Kierkegaard è proprio l’aut aut che è errato. Alla domanda Tizio o Caio (come a quella mamma o papà, Bianco o Nero) non c’è risposta esatta. Perché è sbagliata la domanda. E da lì dobbiamo ricominciare. La pazienza di porre la questione in modo differente, la fantasia di trovare soluzioni diverse, la voglia e l’impegno per raggiungere poi queste soluzioni. Tutti i giorni, in ufficio, con gli amici, in famiglia, con i figli, con la persona che ci sta accanto.
La fantasia, la pazienza, la voglia. L’alternativa è arrendersi alla banalità delle soluzioni precostituite. Oppure al vittimismo dei rimpianti per le alternative scartate.