“I got sunshine in my stomach, Like I just rocked my baby to sleep. I got sunshine in my stomach. But I can’t keep me from creeping sleep. Sleep, deep in the deep.”
E così mi risvegliai dentro il mio stomaco. Non riuscivo bene a capire come fosse possibile: ero io, ero senza dubbio io, ma nello stesso tempo mi trovavo chiuso fra le pareti molli del mio addome. Eppure la sera prima ero andato a letto come sempre. Avevo cenato, avevo guardato un po’ di tv, ero stato su Facebook, su What’s up, sul blog e poi ero andato a dormire. Com’era possibile? Provai a darsi un pizzico per svegliarmi…ahia! Provai a sferrare un cazzotto con tutta la forza che avevo in quell’ammasso di grasso in cui ero avvolto, ma l’unico risultato fu sentire una fitta fortissima nella mia pancia.
Niente da fare. Per quanto potesse sembrare paradossale, ero davvero prigioniero nelle mie viscere. Provai ad arrampicarsi verso l’alto: in fondo soffrivo da tempo di reflusso esofageo, se fossi riuscito ad arrivare su magari provocando un qualche spasmo sarei stato catapultato fuori. Anche perché l’altra via di uscita era terribilmente più inquietante!
Ma per quanto sforzi facessi non riuscivo ad aggrapparsi a nulla, le pareti morbide non mi davano nessun appiglio, affondavo ad ogni passo, come quando provi a muoverti nella neve alta. Ma quale neve! Lì faceva un caldo asfissiante.
– E’ inutile che ti agiti. Da lì non esci di certo.
– Chi è? Chi ha parlato?
– Non fare il finto tonto, lo sai benissimo. Sono il tuo stomaco.
– Il mio che?
Sto decisamente impazzendo. O forse no. Effettivamente “Der Mensch ist was er isst”, lo diceva anche Feuerbach. Però essere rinchiusi all’interno del proprio stomaco penso sia un’esperienza unica. A quanti altri è capitato?
– Finalmente ci sei riuscito! Ce ne hai messo del tempo. Da quant’è che provi ad entrare qui? Da quant’è che fai di tutto per rinchiuderti in questo rifugio protettivo, che escluda tutto il resto del mondo? Del resto è ormai da tempo che non hai più pensieri, che non hai più emozioni, al di fuori di me.
– Stai zitto un attimo che devo pensare.
Forse devo semplicemente dire a me stesso che non sono qui. Non posso essere qui! Non è possibile che io sia prigioniero del mio stomaco! Sono benissimo in grado di gestire questa situazione.
– Io sono più importante di te! Mi senti? Io sono più forte di te! Non rispondi eh! Perché lo sai che ho ragione. Io sono più forte di te, hai capito? Sono più forte, sono più forte, sono più forte! E posso benissimo liberarmi e andarmene quando voglio. Posso andarmene quando voglio, posso andarmene, posso uscire e andarmene…
– Starai benissimo qui. Peccato solo che non hai portato il telefonino: potevamo farci un selfie e postare la foto su Facebook. Guardateci, siamo io e il mio stomaco! In pochi minuti migliaia di like assicurati. Quelli per te sono importanti, o sbaglio? Perché vuoi uscire fuori? Oramai dovresti saperlo…in fondo, che differenza c’è tra qui e fuori? Qual è il mondo reale e quale no? Sei prigioniero o sei finalmente arrivato dove volevi? Ed io, sono il tuo carceriere o la tua meta agognata?
Pensaci. Conta fino a dieci e pensaci prima di rispondere.