Date retta a Gucci, siete bellissime!

Faccio una premessa che non c’entra nulla. Lo sviluppo di internet ed in particolare dei social, fra le tante cose più o meno positive, ha dato una spinta quasi inarrestabile al diffondersi delle mode. Uno slogan azzeccato, una pubblicità accattivante trent’anni fa aveva dei moltiplicatori nella radio o nella TV, ma nulla di paragonabile a quello che può fare oggi la rete. Non solo i prodotti, ma anche le idee, le campagne politiche. E così, come quando ero giovine io, tutti avevamo i Levi’s 501 e il piumino della Ciesse, oggi a seconda del momento siamo tutti Chiarlie Ebdò, salviamo Amatrice, andrà tutto bene, Black lives matter.

Il rischio è che, come mettevamo da parte i jeans quando non erano più di moda, così oggi possiamo farlo con queste idee. E questo è un argomento (sacrosanto) utilizzato da chi sottolinea i pericoli e l’intrinseca superficialità delle notizie che girano in rete. Oggi valgono e sembrano fondamentali, domani cadono nel dimenticatoio e nessuno se ne ricorda più.

E’ indubbiamente vero. Però…c’è un però. Quando una cosa, un’idea, una campagna, riesce ad essere così pervasiva, considerato che non siamo tutti totalmente idioti (mettiamolo come postulato e facciamo finta di crederci), io penso che qualcosa rimarrà, anche se quell’idea passerà di moda. Magari non la leggeremo più ovunque, se ne parlerà di meno, ma voglio sperare che nessuno dimentichi il dramma di Amatrice o che la sacrosanta lotta per l’uguaglianza dei diritti degli afroamericani risvegli le coscienze anche da noi.

Per questo sono dell’idea che certe battaglie, anche se rischiano di perdersi nelle strane logiche delle mode, devono sfruttare il momento per imporsi e per diffondersi, perché forse avranno un effetto traino, forse risveglieranno davvero le coscienze e alla fine, forse qualche cosa rimarrà. Fine del pistolotto introduttivo, veniamo al dunque.

Questa campagna di Gucci che ha fatto sfilare una modella estranea (almeno in parte) ai canoni della bellezza tradizionale, la trovo geniale. Ma non è solo quello. Gucci fa moda, ma da azienda intelligente e scaltra qual è, annusa l’aria e coglie delle idee, dei sentimenti, che già ci sono e li indirizza, dandogli modo di palesarsi. Vedevo l’altra sera la Encontrada ad una trasmissione in prima serata: io continuo a trovarla bellissima, mi piace da morire, ma è decisamente al di fuori da certi canoni. E se ne frega. E fa bene. Non è l’esaltazione del difetto (facciamo finta che esista un concetto esatto di “difetto”, a me restando nell’esempio in questione, proprio il suo occhio leggermente strabico è un particolare che mi intriga positivamente), come si vede in certe spiagge in cui rimpiangi la scarsa diffusione del Burqua nel nostro Paese. Semplicemente è l’accettazione di sé e la convizione che la bellezza è un punto di vista, perché sta sempre e solo negli occhi di chi guarda.

Ma i primi a guardarci siamo noi, la mattina davanti allo specchio. Se quindi questa “moda” servirà a dare anche solo un briciolo di convizione in più in quella fanciulla che oggi guardandosi non si piace, allora questa campagna non sarà stata solo una moda del momento. Magari davvero riuscirà a scardinare pregiudizi e preconcetti che oggi sembrano indistruttibili. Perché la realtà è che siete bellissime. E se non volete dare retta a un minchione come me, almeno date retta a Gucci. E non permette a nessuno (soprattutto a voi stesse) di farvi credere il contrario. Anche perché, come diceva l’inarrivabile Groucho Marx, Gli uomini sono donne che non ce l’hanno fatta.

 

Abbasso e Alè

La libertà comincia dall’ironia (Victor Hugo)

Il problema è che l’ironia è il primo sintomo, il più alto forse, dell’intelligenza delle persone. E come si sa le persone, prese singolarmente possono anche essere geniali, ma quando fanno gruppo diventano immancabilmente ottuse. Non c’è verso purtroppo, non c’è causa che tenga, non c’è ideale che serva da antidoto. Temo sia inevitabile: quando facciamo gruppo, diventiamo idioti (oddio, c’è anche qualcuno a cui gli basta essere in due…guarda i testimoni di geova!).

Tra l’altro, corollario all’essere in gruppo, c’è sempre qualcuno che ne resta fuori: l’altro, l’estraneo, il diverso. E poi c’è chi di questo essere gruppo ne fa una questione suprema. Non ne fa solo parte, diventa il motivo del suo essere al mondo: cancella il suo io per affogare nel noi. Ma quando l’io diventa noi, c’è il rischio che i noi penseranno di avere Dio con loro e marceranno compatti per invadere la povera Polonia di turno.

Non ci sarà più spazio per sottili distinzioni, l’altro è altro e basta: avversario da temere, nemico da battere, infame da distruggere. E ogni arma sarà lecita, dai Pirelloni imbrattati alle interviste in tv di ignari bambini innocenti. Insulti e scomuniche. Nessuno si salva, cambiano solamente le offese, ma la logica è la stessa. Solo per rimanere nella stretta attualità, la discussione sul riconoscimento delle coppie di fatto, la questione dei migranti, la polemica sugli statali fannulloni, qualsiasi tema è buono per creare i noi e dare addosso ai loro.

Favorevoli e contrari, tutti nel tritacarne, senza distinguo, senza approfondire le questioni. E su ogni argomento sbrodolamenti di demagogia, populismo a profusione, banalità come se piovesse, soluzioni semplici a problemi complessi. Giletti e De Filippi, emblemi di questo delirio collettivo, di questa chiamata alle armi per questa o quella battaglia, per questa o quella bandiera.

Be’ non a mio nome. A nessuno venga in mente di parlare per me. Non vi azzardate ad inserirmi in questa o in quella categoria. Certo, come scrivevo l’altro giorno ad un’amica, se un bel gruppo di persone si mettesse insieme per nominarmi Rettore di qualche università e cominciasse a chiamarmi Magnifico, forse potrei fare un’eccezione. Altrimenti mi dispiace, niente di personale, l’uno o l’altro cambia poco perché, se devo dire la verità, singolarmente vi amo tutti, messi insieme mi state tutti sul cazzo. Soprattutto quelli che la pensano come me.

 

Non vorrei mai far parte di un club