“Una storia d’altri tempi, di prima del motore, quando si correva per rabbia o per amore…”
Un post su FB per ricordare la fine della prima guerra mondiale mi ha risvegliato ricordi dei racconti di famiglia su fatti e vicende di tanti anni fa, che però richiamano situazioni sempre attuali. Mi devo basare sui racconti, perché non vissuto, né conosciuto personalmente le persone coinvolte, anche se inevitabilmente un’idea me la sono fatta. Un’idea che però non è detto sia quella giusta, forse perché il tempo che passa tende ad attenuare i giudizi e comunque pone i fatti in prospettive diverse.
Nonno G. era un uomo integerrimo, con la schiena dritta, un uomo d’altri tempi, potrei definirlo (ed essendo nato alla fine dell’800, non è solo un modo di dire). Emigrato in Argentina per tentare fortuna, rientrato in Italia aderì convinto al fascismo, quando ancora nessuno era fascista. Nel 1936, quando poi tutti erano diventati fascisti, restituì la tessera, perché non si ritrovava più con le persone e con gli ideali che quel movimento portava avanti. Una scelta drastica che gli costò il posto di lavoro e costrinse la numerosa famiglia (aveva sette figli) ad un periodo di stenti e difficoltà non da poco.
Nonno R. era tutt’altro tipo. Frequentava le osterie, era un tipo irascibile, aveva lavorato come minatore, poi aveva fatto la grande guerra, rimediando una ferita che lo lasciò leggermente invalido per il resto della vita. Non era fascista, anzi penso proprio fosse fortemente contrario al regime. Durante la guerra lo arrestarono per borsa nera, roba di poco conto, ne uscì dopo una settimana. Fatto sta però che forse proprio grazie a qualche traffico ai limiti della legalità, riuscì a non far mancare mai nulla alla famiglia (lui aveva “solo” quattro figli). E poteva vantarsi di essere diventato un romano autentico, perché era salito per i “tre scalini” di Regina Coeli!
Nessuno dei due era una persona facile, forse i padri di allora non avevano questa confidenza e questa intimità con i figli come siamo abituati oggi. Entrambi erano legatissimi alla famiglia e in un periodo difficile come quello fecero scelte diverse, forse addirittura opposte. Chi può dire oggi se siano state giuste o sbagliate? Lampi di luce e zone d’ombra. Era nel giusto chi, per non scendere a compromessi, ha messo in difficoltà i suoi cari o chi, proprio grazie a questi compromessi, gli ha garantito una relativa tranquillità? E cosa avrei fatto io? Non ho risposte certe. Ripensando a queste storie però mi rendo conto di come si dovrebbe sempre sospendere il giudizio ed evitare opinioni troppo affrettate. “Bisogna stare nelle scarpe dell’altro per capire le sue scelte“, dicevano i nonni. E forse, almeno su questo, non avevano affatto torto.