Analfabetismo emotivo

E’ appena iniziata la primavera e in questo momento il livello del Po è al di sotto della soglia più bassa fatta registrare in piena estate. Una situazione disastrosa. Alla foce il livello è talmente basso che l’acqua del mare entra indisturbata per chilometri, cambiando radicalmente l’abitat di piante e animali. Altro che siccità, qui rischiamo la scomparsa, un cataclisma climatico che potrebbe scolvolgere radicalmente tutto l’ambiente di quelle regioni.

Ormai siamo quasi rassegnati a questi grandi cambiamenti che in pochi anni arrivano a stravolgere i paesaggi a cui eravamo abituati da sempre. Sappiamo che sono le nostre azioni, le nostre scelte, le principali responsabili, ne conosciamo bene gli effetti nefasti, ma al di là di dichiarazioni preoccupate e proclami di principio cosa stiamo facendo? Cosa siamo realmente disposti a cambiare del nostro stile di vita per modificare questa situazione?

Le stesse domande che ci si pone oggi sulla necessità di staccarci dalla dipendenza del gas russo. Siamo disposti a sentire un po’ più freddo o a lasciare a casa la macchina? Quest’estate saremo disposti a non accendere i condizionatori?

Il problema vero però, sicuramente aumentato con la pandemia, è questa sorta di analfabetismo emotivo che sembra abbia contagiato tutti più del Covid: non sappiamo più nominare le nostre emozioni. L’emergenza climatica, la guerra a due passi da casa, prima ancora la pandemia: tutte situazioni che sfuggono al nostro controllo, sulle quali fondamentalmente possiamo fare ben poco, che ci portano a chiuderci sempre di più in noi stessi. Ci adagiamo sulle emozioni generali, sul comune sentire, ma sembra che nessuna di queste cose tocchi veramente le nostre corde, influenzi le nostre vite. Il distanziamento sociale rischia di diventare distanziamento emotivo che ci lascerà aridi come il grande fiume, in piena siccità di sentimenti.

Ma non possiamo rassegnarci all’impotenza. Né possiamo chiudere le emozioni solo per paura, sperando così di non soffrire più. Se vogliamo arrivare ad una svolta dobbiamo trovare il modo di reagire: dobbiamo sentire la necessità di intervenire. Sentire prima di tutto, non solo con l’udito. Sentire le emozioni sulla nostra pelle, perché tutto questo ci riguarda personalmente, molto più di quello che potremmo pensare. Per questo dobbiamo reimparare a sentire le cose che ci accadono. Sentire per intervenire.

Perché rendiamocene conto: non basterà aspettare che torni la pioggia.