Cacciari, gennaio e l’eternità

Oggi il fanciullino che è in me ha incontrato uno dei miti della tarda adolescenza: Massimo Cacciari. Una delle poche menti pensanti di questo Paese. Lo preferivo quando parlava di Heidegger e Derridà, ma anche quando parla di politica starei a sentirlo per ore.

Così, con un flash back temporale, ho fatto un triplo carpiato all’indietro e sono tornato fra i banchi dell’Università, nella mia adorata Villa Mirafiori. Mi sono ricordato di essere un filosofo e come d’incanto mi sono tornati in mente le monadi di Leibniz, il noumeno di Kant, la dialettica servo padrone di Hegel, la riduzione eidetica di Husserl e la caducità del tempo in Heidegger: niente dura per sempre, tutto prima o poi ha un termine, evolve, si trasforma, finisce.

Eppure oggi siamo al 15. Siamo a metà. Anzi, neanche a metà, perché ne ha 31. Capite? Neanche a metà. E allora ho avuto questa intuizione. Sì, effettivamente tutto finisce. Tutto, tranne gennaio. Lui no. Lui dura in eterno. Lui e forse i lavori sulla Tiburtina.

Così ho capito anche perchè invece di scrivere saggi e tenere lezioni all’università, scrivo minchiate su un blog e lavoro alle Poste.