Sono sempre dell’idea che “ti amo significa voglio che tu sia come sei” sia la migliore, la più bella, la più sofferta, la più autentica definizione dell’amore. Il fatto che l’abbia detta un vescovo del IV secolo, che oggi probabilmente definiremmo extracomunitario, non credo sia un elemento decisivo. O forse sì. Ma non divaghiamo.
E’ vero, se ti amo ti voglio così come sei. Ma è anche vero che si diventa quello che si è. Il bambino è una serie di potenzialità, è un insieme di ipotesi che si realizzeranno e faranno sì che quell’esserino paffutello diventerà un galantuomo o un malandrino. Non è detto quindi che una persona sia in un modo e resti tale per tutta la vita.
E qui entra in gioco la solita diatriba fra chi vuole qualcosa, rischia e si mette in gioco per averla e chi si accontenta. Tra chi vive la vita accontentandosi di quello che arriva senza aspettarsi nulla e chi si impegna ogni giorno per cercare di cambiare le cose. Ma chi ama non può accontentarsi. E’ vero che nell’amore non c’è pretesa, non può esserci. Ma non può esserci nemmeno l’accettazione acritica dell’esistente. Se ti amo, voglio te per quello che sei, ma soprattutto voglio il meglio di te. E lo voglio perché voglio il meglio per te. Per questo non posso accontentarmi.
E mi aspetterò che tu ce la metta tutta o che almeno ci provi fino in fondo a tirar fuori questo meglio. E rischierò di rimanere deluso. Rischierò le incomprensioni, le litigate, i vaffanculo. Ma non posso accontentarmi. Non se ti amo davvero. Poi sarà quel che sarà. Ma se ti amo davvero, per me ma anche per te, non mi accontenterò di nulla di meno della favola.