“Sono benestante, ma non ancora così ricco da potermi permettere di essere comunista”
(Ennio Flaiano)
In questo momento di confusione sembra che destra e sinistra siano diventate parole senza senso. Letta e Alfano stringono un patto di ferro, mettono il caimano in frigo e si apprestano a governare almeno fino al 2015. Ma davvero è così? Davvero essere di sinistra o essere di destra sono appartenenze antiche, ormai prive di significato, lontane dalla realtà di tutti i giorni?
Eppure, se torniamo a quando nacque la differenza (su per giù dopo la rivoluzione francese, in base a dove si andavano a raggruppare i delegati del primo parlamento democratico), la linea di demarcazione e quindi la capacità di riconoscersi in una o in un’altra parte, non è poi così complicata, né tanto meno lontana dalla realtà.
La destra predilige la liberté, la sinistra l’egualité.
Per salvaguardare la libertà del singolo, la destra accetta, anzi direi quasi auspica, che non ci sia eguaglianza: la libertà fa sì che il merito faccia emergere i migliori. Lo Stato deve limitarsi a garantire e difendere questa libertà, proprio per far sì che i migliori emergano.
La sinistra ha a cuore l’uguaglianza e per assicurare questa è disposta anche a limitare la libertà del singolo. Lo Stato, attraverso un intervento diretto, più o meno esteso, deve impegnarsi per riequilibrare le storture della concorrenza, così da garantire un’uguaglianza di fondo tra i cittadini.
Sono semplificazioni, è ovvio. E poi in democrazia nessuno dei due principi viene affermato “contro” l’altro. Anzi, forse la differenza tra democrazie e dittature è proprio qui: una dittatura di sinistra pretenderebbe di assicurare l’uguaglianza a scapito della libertà e una di destra esalta a tal punto la libertà di qualcuno (di una classe, di una razza, di un unico superuomo), negando l’uguaglianza al punto da teorizzare una differenza antropologica tra gli uomini. Per fortuna in democrazia questa tendenze sono attenuate e si cerca di affermare entrambi i principi.
Ma le differenze restano: sei di destra? Ti sentirai limitato nelle tue possibilità da uno Stato troppo presente. Sei di sinistra? Ti indignerai per le sperequazioni economiche esistenti. Sei di destra? Vuoi che l’individuo possa decidere autonomamente della propria vita, delle scelte che fa per sé e per il tipo di società in cui vuole vivere. Sei di sinistra? Hai a cuore un’ideale di uguaglianza universale, in cui anche l’uso delle risorse dev’essere vincolato dai diritti degli altri.
Traduciamo queste due impostazioni nelle scelte più semplici o in quelle più impegnative (la sanità, la scuola, la previdenza, la politica energetica, l’immigrazione, i diritti delle coppie gay, l’equilibrio politico internazionale) e capiremo l’enorme differenza che tutt’ora esiste fra destra e sinistra. E potremmo anche capire da che parte siamo. Anche se…
Anche se l’Italia è sempre stata poco incline a queste scelte di parte. Siamo il Paese del “ma anche”, liberisti e statalisti, per la scuola privata e la sanità pubblica, per la pensione a 50 anni e contro il nucleare, sionisti filo palestinesi, cattocomunisti e contro i matrimoni gay. Insomma, questo “ma anche” quest’altro. Democristiani nell’anima. Per questo sono quasi certo che ci toccherà il duo Letta Alfano chissà per quanto tempo ancora.
Io stesso, faccio outing, mi sono riconosciuto per anni nei principi della destra, mentre ora mi autocolloco nella sinistra. Questo conferma che fra i miei tanti difetti, non c’è la coerenza. E poi mi danno fastidio le appartenenze acritiche, quelle che non si sforzano neanche di provare a capire le ragioni dell’altro. Ero di destra quando tutti erano di sinistra, sono diventato di sinistra quando il mondo andava a destra. Minoranza ad oltranza.
Però al di là di tutto, se debbo proprio scegliere fra liberté e egualitè, penso seriamente che il principio più importante, quello che dovrebbe ispirare le scelte e dominare sugli altri, sia la fraternité. Il terzo principio, senza il quale gli altri due rischiano di essere solo parole vuote, concetti senza anima.