Che strana estate dico io. La più calda di sempre, dicevano loro, ma poi mica è vero. L’anticiclone delle Azzorre non c’è più, anzi no, è tornato. Cambia il tempo, ora la sera fa quasi fresco e appena riprendi fiato torna il caldo bollente. L’anticiclone africano ci cuocerà tutti, anzi no, ancora per quest’anno forse ci salviamo.
Tutto l’anno ad aspettare le vacanze, a sognare l’estate, il mare, il sole e poi eccolo che arriva tutto insieme e ci travolge. Esagera, ci assale e ci lascia storditi e senza forze. Poi improvvisamente cambia tutto, piove, diluvia, trombe d’aria, mareggiate, sembra inverno. Ma non cadono le foglie, cadono direttamente gli alberi. Insieme alle nostre certezze: forse era meglio una tiepida primavera o un placido autunno?
E’ mutevole quest’estate, come le opinioni. Cambiamento climatico sì, cambiamento climatico no. Genocidio sì, genocidio no, ma intanto le persone, i bambini continuano a morire. E non di caldo, no. Di fame. Come mille anni fa, come nell’età della pietra. Forse stiamo tornando lì. Allora è vero che non è cambiato nulla: non cambia il tempo, non cambiano le persone.
Ma invece le persone cambiano, anche se in fondo rimangono le stesse. Con le stesse paure, con gli stessi sogni, con le stesse miserie e gli stessi slanci. Riescono ancora a stupirmi, per fortuna. Un po’ come il tempo. Si può prevedere, ma fino ad un certo punto. Si alza il vento e cambia tutto. Assapori il tepore del sole, ma basta un brivido e ritorna l’inquietudine, per quello che ci aspetta e che non si può pronosticare.
Non sono perfette le persone. Come non lo è il tempo, come non lo è questa estate. Nulla è perfetto, ma d’altra parte la bellezza non va quasi mai d’accordo con la perfezione. E noi siamo esattamente qui, fra una previsione attendibile ed una pianificazione incerta, per gustarci quello che abbiamo e cercare di non soffrire troppo per quello che non c’è più. Siamo in quest’estate imperfetta, ma bella da morire. Anzi, bella da vivere. Bella da vivere fino in fondo.
In bilico, tra tutti i miei vorrei, non sento più quell’insensata voglia di equilibrio, che mi lascia qui, sul filo di un rasoio, a disegnar capriole che a mezz’aria mai farò. Non senti che, tremo mentre canto nascondo questa stupida allegria quando mi guardi e non senti che, tremo mentre canto, è il segno di un’estate che vorrei potesse non finire mai.
