Quando c’è l’Alluvione tutti i topi vengono fuori

Per me c’è un misto di tenerezza e nostalgia nel commentare l’Alluvione. Lo scrissi di getto, in una settimana, cosa abbastanza rara per me, che invece tendo un po’ a prendermela comoda. Doveva essere scritto. Era una specie di terapia.

Stavano svendendo l’azienda in cui lavoravo, regalandola a gente senza scrupoli, spregevoli individui che si arricchivano senza meriti, deridendo e disprezzando le persone che lavoravano lì da una vita e che nel bene o nel male avevano guidato l’azienda fino a quel momento.

E’ il mercato bellezza! Liberalizzare, privatizzare, concorrenza, competitività…tutte stronzate. O meglio, tutte maschere, più o meno riuscite, per nascondere il mestiere più vecchio del mondo appena dopo la prostituzione. Il ladrocinio.

E dunque, proprio in mezzo all’alluvione, mentre sorci ripugnanti uscivano fuori da ogni anfratto, cercavo in qualche modo di rimanere a galla. Non avevo il fegato (o forse semplicemente non ero così arrabbiato) per tirare una molotov, e così scrissi quel racconto. Tragicomico, dovessi definirlo con un unico aggettivo. Un po’ paradossale. Non vero, ma certamente verosimile. Scrivere fu liberante, perché era come proiettare fuori di sé i desideri più reconditi e realizzarli, anche se solo su carta.

Non so come, non so perché, ma la terapia funzionò e a differenza del protagonista, riuscii a canalizzare la rabbia in modo che non diventasse, come per lui, autodistruttiva. Lo pubblicai qualche anno dopo, quando ero del tutto guarito, proiettato in un’altra realtà. E soprattutto in un’altra azienda, quindici anni dopo però posso dire che quel racconto mantiene intatta, purtroppo, la sua attualità. Anzi, per come stanno andando le cose forse si potrebbe quasi dire che più che un racconto potrebbe essere considerata una profezia.

E se questo è vero, allora speriamo che si realizzerà nella realtà anche il lieto fine del romanzo.

* * * *

Dalla 4 di copertina

Questo è il racconto di una rivolta. Con dei martiri, degli omicidi, un tentativo di regicidio e un quasi suicidio. Ma si sa, non si fanno rivolte senza morti, colpevoli o innocenti poco importa. Una rivolta sacrosanta, che riesce a coinvolgere anche coloro che sono ai margini della manifestazione: anche a costoro viene voglia di tirare un sasso

E’ un racconto tragico. Ma anche comico. Perché il comico si nasconde un po’ ovunque, basta saperlo cercare.

Così emerge la voglia di contrastare la tragedia (l’Alluvione) e tutte le sue conseguenze negative (i topi). Quella voglia che dà libero sfogo alla fantasia per inventare una soluzione diversa.

Quando c'è l'Alluvione tutti i topi vengono fuori

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