Lo so, tocca a me.
Nun lo sto a di’ a te
E’ inutile che insisti
Nun me va e io scappo.
Saranno pure tutti tristi
Ma nun me sento n’vijacco
La fuga è disonorevole! Non si scappa al proprio destino! Fuggire non è una soluzione!
Un par di palle.
Ci sono quelle situazioni in cui non c’è nulla di disonorevole, nulla di biasimevole o semplicemente di sbagliato nella fuga. Salvatores nel film Mediterraneo ne fa un elogio, dedicandolo “a tutti quelli che stanno scappando”. Il film si conclude con una famosa frase di Henri Laborit (“In tempi come questi la fuga è l’unico mezzo per mantenersi vivi e continuare a sognare”).
Di fronte agli orrori del mondo, di fronte alle barbarie, o semplicemente alle scelte sbagliate, cos’altro sarebbe saggio, cos’altro sarebbe sano? Per mantenersi vivi, per continuare a sognare, per dire no, not in my name!
C’è una nobiltà anche nella fuga, un’intrinseca giustizia. Non è paura, non è pigrizia. Ci vuole coraggio anche a scappare. Ci vuole voglia, ci vogliono gambe e fiato.
Quante ce ne possiamo raccontare! E quanto siamo bravi. A parlare. Perché finché si tratta di parlare non ci batte mica nessuno.
Prima o poi però, i conti vanno fatti, i pesci vengono a galla (per vedere la palla di pelle d’Apollo, fatta da Apelle, figlio d’Apollo, ma questa è un’altra storia), la polvere sotto il tappeto magicamente riappare. Le scuse si sciolgono come Viennette dimenticate aperte sul tavolo, lasciando colare quell’impiastro di panna e cioccolato squagliato che miseramente sgocciola sul pavimento della cucina. Ma quale cucina! Della coscienza. Che non ti fa dormire la notte. Che ti chiude lo stomaco. Che ti lascia quel sapore in bocca che con un soffio tireresti giù una zanzara.
E invece giù ci va il tuo umore e cominci a fare strane congetture, improbabili associazioni di idee, per cui è colpa tua se non è successo quello. Ma anche quell’altro e pure quell’altro ancora. Perché la catena delle conseguenze è come i pistacchi al bar con l’aperativo. Una droga! Quando cominci non la finisci più! Te le deve strappare il barista con una faccia cattiva, neanche fossero i suoi, ‘sto morto de fame. Cominci a vedere quello che non va anche nelle cose giuste, perché niente ha più valore. Niente ha più una sua luce. Tutto è sbagliato, tutto è nero e buio.
Neanche fossi dentro il culo d’una balena.
Molto sofferto, mi pare