Ma non ti accorgi che è solo la paura che inquina e uccide i sentimenti?
Non c’è niente da fare. Come cantava il poeta di Poggio Bustone, quando si tratta di costruirci degli alibi, diventiamo davvero imbattibili. Non è così semplice, perché non è così univoco, spiegare questo processo. Ci sono situazioni che non vogliamo vivere, circostanze che non vogliamo affrontare, persone che non vogliamo incontrare. E abbiamo le nostre validissime ragioni per non voler fare tutte queste cose. Talmente valide che però, chissà perché, le nascondiamo. Agli altri, ma anche e soprattutto a noi stessi. Forse perché non sono poi così convincenti? Forse perché spesso dietro queste ragioni si nascondono le nostre paure?
Come già scrivevo qui https://giacani.wordpress.com/2013/09/19/con-i-se-e-con-i-ma/ Fatto sta che, nel momento in cui le semplici spiegazioni logiche del perché non ci va di fare questo o quello, non sono poi così chiare, nascono gli alibi. Come maschere delle ragioni vere, come loro rafforzativi. Gli alibi poi hanno la capacità di riprodursi meglio dei criceti! Uno tira l’altro, uno appresso all’altro. Nascono, crescono, si rafforzano, fino a farci dimenticare le ragioni autentiche.
Per questo alla fine non è nemmeno la semplice antitesi bugia verità quella che riesce a farci orientare. E confondo i miei alibi e le tue ragioni, cantava un altro poeta dei giorni nostri. Ed è così! E’ esattamente così. Magari tu, da fuori, la cogli chiaramente la differenza, perché ovviamente siamo bravissimi a riconoscere le pagliuzze altrui. Ma invece quando ci sei dentro, quando sei tu il soggetto della storia, allora improvvisamente diventi miope. O forse presbite, perché in effetti, più sono vicine, più sono ben ficcate negli occhi, meno si riesce a distinguere le nostre travi chiamate alibi. E allora alibi e ragioni, verità e bugie si fondono e si confondono in un mischione senza distinzione, come una notte in cui tutte le vacche sono nere, in cui la saggezza diventa la prudenza più stagnante. Ma per fortuna, quasi sempre, dietro la collina è il sole.
Mi piacciono veramente i post del venerdì sera. Speriamo diventino una piacevole abitudine.
E’ strano come un alibi, nato per dimostrare innocenza, si sia trasformato in bugia che partorisce colpevolezza.
Non sei così distante da un pensiero che cerco (invano, sempre invano) di esprimere da quel dì, legato ai concetti di paura e coraggio. Che poi un sacco di persone quando cerco (invano, sempre invano) di esprimere quel pensiero immancabilmente si incazza e allora alla fine me lo tengo in saccoccia e amen.
Quegli alibi e quelle paure inquinano le emozioni, inquinano i rapporti. Seguono vie spesso invisibili, si contagiano, si infiltrano, come l’acqua nel terreno e non sai mai dove vanno a sbucare, cosa vanno a formare, che altri pensieri, comportamenti. Quanti altri alibi, quante altre persone contagiate, educate alla regola dell’alibi, che diventa non più un meccanismo di elusione di paure, ma un vero modus vivendi e pensandi.
Potrei liquidarmelo con uno sticazzi. Il problema è che poi quelle infiltrazioni arrivano a me. Me la devo vedere anche io con tutte le cazzate che la gente si racconta e diventa anche un problema mio. E se voglio amare devo sbrogliare, per me, le matasse altrui.
Guarda, su questo argomento potrei scrivere un commento lunghissimo (e logorroico), mi limiterò a dire che spesso è quasi impossibile vedere le cose in modo obiettivo quando sei coinvolto pienamente, sarebbe il caso di allontanarsi in attimo, giusto per avere uno sguardo d’insieme, ma questa è una delle cose più difficili in assoluto. Mi sono ritrovato tantissimo in questo post, ormai stai diventando il mio guru.
Questo commento meriterebbe di per sé un post di risposta. E non è detto che…:-)
Interessante riflessione sugli alibi e anche sull’attitudine a guardare la pagliuzza negli occhi degli altri. Personalmente vedo che a volte non si riesce proprio a incontrare tutte le persone che di per sé dovremmo o anche avremmo piacere di incontrare, semplicemente perché la vita è divenuta un intreccio relazionale così fitto che ognuno di noi apre relazioni – ovviamente con diverse modulazioni e intensità – con migliaia di persone per cui non si può proprio fisicamente tenere i rapporti con tutti; penso che l’importante sia tenere aperto il cuore, custodire le persone dentro, accoglierle lietamente quando fanno e rifanno capolino e poi accettare il proprio limite: di frate asino e di 24 ore ogni giorno, di cui qualcuna bisogna anche dormirla.
Tuttavia sono cosciente che dietro allo scritto di Romolo ci sono situazioni specifiche, puntuali, concrete, sulle quali non mi permetto di proferire parola, come il buon Ludwig insegna.