Gli amici al tempo del bisogno

Questo post è stato quanto meno sollecitato da quello del mio amico Gintoki, dove si/ci chiedeva, cosa dire a qualcuno nel momento di difficoltà, cosa fare nel momento del bisogno.

Certamente le cosiddette “frasi di circostanza” lasciano il tempo che trovano. Fanno parte della convivenza civile e sono quindi un po’ un cliché a cui ricorriamo, appunto nelle situazioni in cui non sappiamo cosa dire. Come quando sei in ascensore con uno sconosciuto, oppure con qualcuno che conosci ma con cui hai poca confidenza e non sai dove guardare e cominci a giocare con le chiavi. Ecco, cose tipo “vedrai che il tempo lenisce ogni cosa” o similari, sono come quel mazzo di chiavi.

Forse meglio sarebbe non dire nulla oppure, semplicemente, “se vuoi io sono qui”. In modo un po’ drastico commentavo però che solitamente diciamo così quando all’altra persona non frega una beneamata ceppa se ci siamo o no. I veri amici, le persone che stanno dentro le nostre vite sul serio, non hanno bisogno di dire “ehi, ci sono”. Come non hanno bisogno di dire grazie, ma questo è un altro discorso, non divaghiamo.

Perché secondo me non è vero che gli amici si vedono nel momento del bisogno. O comunque non è del tutto vero. Quelli sono i medici. Gli amici preferirei vederli anche in altre situazioni. Gli amici veri, quelli che fanno parte delle nostre vite sanno parlare e sanno tacere. Sono quelli che ci sono sempre: che c’erano ieri e siamo abbastanza confidenti che ci saranno anche domani, nelle situazioni favorevoli e in mezzo alle tragedie. Se dovessi pensare ad un ideale di amico vero non credo sarebbe quello a cui telefonerei in piena notte se mi si è rotta la macchina. Quello si chiama carroattrezzi. Il mio ideale di amico vero è quello che sta lì in macchina con me e magari mi prende per il culo perché ho una macchina di merda oppure perché sono il solito cazzone che non controlla il livello dell’olio.

E quando lo incontri in ascensore sai benissimo cosa raccontargli e non hai bisogno di tirar fuori le chiavi. A meno che tu non abbia un altro bisogno, perché te la stai facendo sotto e non vedi l’ora di arrivare nel tuo pianerottolo per andare in bagno. Ma anche questo è un altro discorso.

16 thoughts on “Gli amici al tempo del bisogno

  1. Forse è vero, gli amici sono quelli che stanno con te mentre chiami il carroattrezzi.. 🙂
    Uso spesso il “se vuoi sono qui” non perché non me ne freghi nulla ma solo quando ho l’impressione che la persona voglia starsene da sola.. magari ho sempre sbagliato ma non tutte le vicinanze sono gradite e se uno ha bisogno, chiede..

  2. certo generalizzare non è mai facile. A volte proprio quando avresti bisogno di qualcuno vicino fai di tutto per allontanarlo…ma i veri amici lo sanno e ti cercano lo stesso. Oppure, al contrario, conoscendoti, rispettano il tuo voler star solo a leccarti le ferite. Dipende! In ogni caso, quello che volevo dire è che se non condividi le cose belle, i momenti felici, difficilmente potrai essere d’aiuto nelle difficoltà

  3. Gli amici, quelli veri, nel momento del bisogno, vorrebbero solo essere ascoltati. che le risposte di solito le hanno già tutte, le hanno già loro. Gli amici, quelli veri, nel momento del bisogno, son quelli che ti ascoltano, senza preconcetti, senza giudicare, senza ergersi a Soloni, peraltro quasi mai richiesti. Gli amici veri nel momento del bisogno son pochi a volte pochissimi

  4. Io adoro i Queen, sallo.
    E comunque, essendo orso di natura, tendo ad avere i miei momenti di isolamento.
    E guai a chi scassa i maroni. Poi, dopo un po, mi passa, e torno a galvanizzare le vite dei miei amici. :mrgreen:

  5. Io sono dell’idea che gli amici veri non sono quelli che ti fanno vedere il bicchiere mezzo pieno…sono quelli che te lo riempono tutto quando è vuoto!

  6. Mi piace una frase che hai detto: gli amici sono quelli che sanno godersi i momenti belli e, di conseguenza, sanno ricoscere i momenti brutti. Perché riconoscere un momento brutto dall’esterno, quando non ne sei coinvolto direttamente (e, generalizzando, pensi che il dolore degli altri vale solo a metà, cit. De André), è uno di quegli sforzi “empatici” non da poco. Significa conoscere l’altra persona. Significa avere condiviso i momenti brutti, ma soprattutto aver visto quello che è “l’amico” nei momenti belli.
    Spero di essermi spiegato e, soprattutto, spero di aver spiegato come mai la tua frase mi è piaciuta particolarmente.

  7. Gli amici veri li vedi quando il bisogno non lo hai è sono quelli felici che tu stia meglio

  8. Gli amici si vedono anche nei momenti del bisogno ma non solo. Cioè l’amico non è quello che spunta quando stai male, perché, come dicevi giustamente, quello sarebbe un medico o tutt’al più un terapeuta. L’amico c’è sempre, nei momenti belli e in quelli brutti ed è quello che non sparisce quando il momento è brutto o non si mette a guardare lo smarphone (la versione moderna del mazzo di chiavi)

  9. Tu ormai stai diventando uno dei miei maestri di saggezza! E non mi riferisco ai test minchioni!
    Ho sempre pensato che gli amici si vedono nel momento del non bisogno, ci sono quando non sai che fartene e quando non ti interessa cercarli. Perché l’amicizia è un campo da coltivare liberamente, dove non è necessario piantare per raccogliere frutti…

  10. Giacani ora le racconto una storiella patrizia. Mesi fa alla mia più cara amica (una Marchesa con cui ci si conosce da anni) è venuta a mancare all’improvviso la madre. Lei mi ha molto spesso confidato che in quell’istante il mondo per lei si è diviso a metà: gli amici e tutto il resto e che quel dolorosissimo frangente le ha fatto comprendere tante cose.
    Pur conoscendola davvero intimamente (sotto ogni aspetto) io non avevo idea di quale fosse il comportamento più adeguato da avere con lei in quel momento. Insomma la mamma ti muore una volta sola, almeno in genere, no? E allora l’ho chiamata nell’immediatezza che più immediatezza non si può (io stessa ne sono stata traumatizzata, glielo confesso) e ho capito che era la cosa che andava bene fare. L’ho capito subito, non ci ho dovuto pensare. L’ho sentito. Così, seppure nella lontananza di centinaia di kilometri, l’ho chiamata ogni notte (il momento peggiore) e ho trascorso le notti con lei al telefono. Notti e notti, per giorni e giorni e giorni. Ascoltandola, ascoltando le stesse cose milioni di volte, soffrendo con lei. Notti intere ad ascoltare e cercare di prendermi parte di quel dolore e portarmelo via, portarlo via da lei.
    Lei mi ha detto che tutti coloro che le hanno inviato un messaggio sul cellulare dicendole: “Se hai bisogno io ci sono”, li ha cancellati definitivamente dalla rubrica. Mi ha detto: “Secondo te avrei dovuto dire, spiegare, che, sì, avevo bisogno? E poi che significa “ci sono”? Se ci sei, dove sei? Perché io non ti vedo e non ti sento”.
    Se io non l’avessi chiamata io non l’avrei mai saputo. Ma non mi sarebbe mai passato per la testa di non chiamarla. A un amico, cui magari rompi i coglioni per stronzate o per chiedere favori, muore la madre e non lo chiami?

    Giacani, dice bene lei. L’amicizia è sempre. Nelle grandi risa e nel bisogno. E quando è sempre, non c’è bisogno di tanti perché o di tante parole. Lo sai. E se non sei sicuro non devi essere tu ad aspettare che l’amico venga da te a chiedere, perchè l’amico, proprio perché amico, talvolta non vuole chiedere, crearti problemi, ammorbarti e allora tu, amico, sei tu a chiedere “di cosa hai bisogno amico mio?”.
    Ce lo dividiamo l’ultimo arrosticino rimasto?

    Giacani questo commento è per lei. Perché lei ha “fatto” e non solo “detto”. Mi tenga stretta nella sua moderazione…

  11. Eh, le pare facile, mia nobile amica? Dico, tenerla stretta nella mia moderazione…io? Moderato? Cosa le fa pensare che io abbia sviluppata l’attitudine alla moderazione, laddove la natura mi spinge vieppiù all’esagerazione? La terrò stretta quindi…sperando di non esagerare troppo!

  12. E la assecondi, Giacani, la assecondi quella sua natura. Si segua. Ha quella straordinaria estenuante attitudine filosofica a entrare e uscire da sé in ogni valutazione di tutti i pro e i contro, colpe e legittimazioni, tesi e antitesi per giungere a una posizione affatto generalizzante. Alla fine una botta de follia come premio ci vuole.
    Stringa stringa, che ce n’è da stringere qua.

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