Una storia postale

A volte capita che le cose vadano esattamente come dovrebbero. Capita molto più spesso di quanto si pensi. Ma non è facile, né scontato. Perché non bisogna  andarci vicino: andarci vicino può valere se giochi a bocce, nella vita o ce la fai o non ce la fai. Andarci vicino non serve a niente.

Allora mettete il caso di un concorso per un dottorato nella più prestigiosa università d’Italia. La Normale di Pisa, tanto per non fare nomi. Mettete un movimento inverso: non un cervello in fuga, ma uno che rientra a casa. Da Cambridge, dove insegna in una Università altrettanto famosa, il nostro eroe decide di voler rientrare nel suolo patrio per provare a vincere quel suddetto dottorato. La scadenza del concorso è il 31, che però è domenica, quindi la data ultima utile per presentare la domanda diventa venerdì 29.

Mettete gli incroci del destino, notoriamente cinico e baro, che fanno sì che l’efficientissima Royal Mail presa in carico la documentazione necessaria al nostro uomo il 18 dicembre, complici anche le vacanze natalizie, la spedisca in Italia il 26. Il 27 mattina però a Milano (punto di ingresso della corrispondenza estera nel nostro Paese) non se ne trova traccia.

Considerate che la corrispondenza cartacea è in netto calo, i volumi in dieci anni si sono quasi dimezzati. Nonostante questo calo oggi in Italia viaggiano circa 5 miliardi e mezzo di pezzi, un milione e mezzo di pezzi al giorno circa. Si può perdere qualcosa? Certo. Diciamo che se fossimo così bravi da consegnare il 99,9% delle lettere e quindi ne perdessimo lo 0,1 significherebbe che ogni giorno ce ne perderemmo 1500. Fortunatamente siamo anche più bravi di così e quindi che una lettera svanisca nel nulla non è così frequente. Infatti la raccomandata in questione compare a Torino il 28 mattina. Ma a quel punto sarebbe arrivata a Macerata (indirizzo del nostro eroe, aspirante dottorando alla Normale) il 29, quindi con forte rischio di non essere consegnata in tempo.

Questo ritardo poteva costare caro, perché come dicevo all’inizio, a parte le bocce, è raro che andarci vicino sia sufficiente. Questo ritardo poteva impedire al nostro eroe di provarci, poteva comportare il suo mesto ritorno in Inghilterra, con il rammarico di aver perso una possibilità di rientrare a casa, di fare quello che aveva sempre sognato fare. Invece una volta tanto le cose sono andate in modo diverso: da Torino abbiamo fatto inviare la raccomandata a Pisa, dove il nostro eroe è andato a ritirarla direttamente al Centro di Meccanizzazione Postale questa mattina presto. Entro mezzogiorno la documentazione era alla segreteria dell’Università.

Morale della favola, ho dei colleghi proprio in gamba, che ce la mettono tutta e stavolta, come spesso accade, hanno fatto l’impossibile. Ora però tocca a te. In bocca al lupo e vinci ‘sto dottorato anche per noi!

9 thoughts on “Una storia postale

  1. Pensiamo, però, che dovrebbe essere la normalità che la corrispondenza arrivi, non si dovrebbe arrivare a rincorrere una Raccomandata per farla arrivare a destinazione nei tempi dovuti. Arrivare a scriverne come di un fatto sensazionale non è proprio indice di cose che funzionano. Per una volta che si ripara al danno, quante altre ce ne sono in cui invece diventa irreparabile? Perdindirindina! 😛

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