Diffida di ogni impresa che non richieda abiti nuovi

Ognuno di noi cerca la via più semplice. E’ inutile negarlo, le comodità piacciono a tutti. Quelle importanti, ma forse anche di più quelle futili, quei piccoli confort che hanno la capacità di rendere piacevole il quotidiano, che danno una luce diversa anche alle incombenze più noiose. O più faticose. Così ci adagiamo su questi piccoli agi, cercando di renderli abitudinari, ripetendoli in modo quasi automatico ogni volta che ne abbiamo la possibilità. Finché queste abitudini ci calzano addosso come vestiti fatti su misura.

Se però un giorno ti mettessi in mente di cambiare. Se ti venisse voglia di voltare pagina sul serio, senza pensare che sia ormai troppo tardi, senza avere paura di percorrere strade diverse. Se decidessi di mettere da parte le convinzioni maturate negli anni e consolidate dall’esperienza. Se volessi riprovare quel brivido di incertezza che ti fa sentire il sangue pulsare nelle vene e ti spinge a lasciare la terra ferma, per far pace con i tuoi sogni. Allora sei pronto per una nuova impresa.

Per essere quello che vuoi devi scordarti di quello che sei. Così ha cantato a San Remo Anastasio dopo un bel monologo di Bisio. Non sono del tutto d’accordo. Non credo si possa. E poi io penso che si possa rimanere se stessi anche nel cambiamento. Ma è certo che un cambiamento sia necessario. L’abito non fa il monaco. Il monaco può anche restare lo stesso, ma l’abito deve cambiare.

Ma per questo sono dell’idea che Edward Morgan Forster si sbagliava. E di grosso pure. L’impresa ha bisogno di novità. Ha bisogno di rischiare, lasciandosi alle spalle l’usato sicuro. Non aveva capito nulla. Diffida di ogni impresa che non richieda abiti nuovi.

Che cos’è la libertà? Io credo è non aver più paura
Di piangere stasera, di sciuparvi l’atmosfera
E di somigliare a quelli come me
Non mi va…di lasciarmi abbandonare, di dovermi abituare
Di dovermi accontentare

6 thoughts on “Diffida di ogni impresa che non richieda abiti nuovi

  1. Forse sì, ma solitamente l’idea parte da una specie di usato sicuro per rigenerarsi e svilupparsi. Chi cambia fondalmentalmente resta un pò sempre sè stesso, altrimenti indosserebbe solo una maschera

  2. Sono d’accordo sul fatto che l’abito non fa il monaco. Pertanto io posso restare me stessa anche se mi butto in qualcosa di nuovo, se sperimento nuove possibilità. Ma non posso affrontarle continuando a vivere e pensare come ho fatto finora, devo adattarmi alla novità per essere certa di vivere appieno l’avventura che mi si presenta. Questo secondo me è il “vestito nuovo” che io indosso per capire. Ma sotto il vestito rimango la stessa.

  3. Le imprese dovrebbero investire sui giovani. Per quanto l’esperienza conti (l’abito usato), la propensione e tensione dei singoli ad adattarsi agli ineluttabili (a volte, silenziosi) cambiamenti non è altrettanto efficace quanto chi ci è nato in mezzo. L’area di comfort di ognuno è difficile da scardinare, le risorse e il tempo impegnati nel farlo sono un “costo” da considerare. Con questo non voglio dire che noi “vecchierelli” non dobbiamo provare a indossare abiti nuovi, ma che questi staranno da Dio indosso ai giovani, se gliene diamo la possibilità.
    Ahimè le imprese spesso sembrano degli outlet di quarta categoria nella gestione del personale, sia “us(ur)ato” sia nuovo.

  4. L’abito non fa il monaco. Infatti nemmeno Salvini guardandolo sembra un ministro.
    (Vabbè, in questi giorni mi dovete sopportare così. Cacacazzi. Sono chiusa a casa da dieci giorni perché alla mia tenera età ho beccato gli orecchioni (😱) e sto sbarellando un po’🙄)

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