Voglio dire anche io la mia su questa polemica nata fra l’ex presidente della Camera Laura Boldrini ed il direttore dell’Huffington Post, Mattia Feltri. La Boldrini ha un blog sull’Huffington e in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne aveva scritto un post nel quale, fra le altre cose, criticava Vittorio Feltri (padre di Mattia), per un suo articolo in cui metteva in dubbio il ruolo di vittima di quella ragazza stuprata dall’imprenditore Genovese.
Si chiama victim blaming. Ed è parte, grande, del problema, rispetto a cui il ruolo dell’informazione è centrale. E mi riferisco polemicamente a quei giornali che fanno di misoginia e sessismo la propria cifra. Cosa dire del resto dell’intervento di Feltri su Libero, in cui si attribuiva la responsabilità dello stupro non all’imprenditore Genovese ma alla ragazza diciottenne vittima?
Il Feltri figlio chiama la Boldrini e gli chiede, per motivi di opportunità, di togliere “l’apprezzamento spiacevole” riferito al padre, altrimenti non avrebbe pubblicato il post. A quel punto la Boldrini rende pubblica la vicenda e pubblica il pezzo su Il Manifesto. Feltri figlio si giustifica dicendo che i Blog sono “ospiti” di Huffington e in quanto tali devono “sapersi comportare” e comunque, senza dover dare ulteriori spiegazioni è facoltà del Direttore della testata decidere cosa pubblicare e cosa no.
Chi mi conosce sa che da sempre sono l’uomo della mediazione al punto di averne fatto un abito personale prima ancora che professionale. Sono convinto che qualsiasi posizione possa essere arricchita se viene mediata da un punto di vista diverso: conciliare prospettive differenti porta a crescere, a maturare, ad aprire gli orizzonti. Ma nello stesso tempo sono altrettanto convinto che ci siano dei principi non negoziabili. La violenza sulle donne fa più vittime del cancro, degli incidenti stradali, di qualsiasi pandemia passata, presente e futura. Contrastarla non è negoziabile, non può esserci un punto di vista diverso da un’opposizione assoluta. Non esistono alibi, non esistono attenuanti, non sono ammissibili giustificazioni. Come il razzismo, come qualsiasi violenza o sopraffazione del forte contro il debole. Che ci sia gente che scriva sul giornale o esprima pubblicamente opinioni differenti è semplicemente spregevole, vergognoso, delinquenziale (d’altra parte Vittorio Feltri dall’estate scorsa è stato finalmente cacciato dall’ordine dei giornalisti).
Ma al di là dei contenuti della vicenda, ha ragione Feltri figlio o la Boldrini? Nessuno o forse meglio tutti e due. Che un direttore possa a suo insindacabile giudizio, decidere se pubblicare o meno un articolo, penso sia una regola di qualsiasi testata (anche se è chiaramente esplicitato che Huffington Post non è responsabile di quanto pubblicato nei Blog che ospita). E’ poi nella libertà di chi ci scrive continuare ad essere ospitato lì, oppure cambiare aria. Ancora di più, è libertà dei lettori decidere se continuare a dare fiducia ad una testata che decide di censurare un giornalista per motivi strettamente personali.
Ma soprattutto, senza voler fare come la volpe che disprezza l’uva a cui non può arrivare, capite perché Viaggi Ermeneutici non chiede ospitalità a nessuno e se ne sta bello tranquillo a casa sua?
“Ogni cosa ha il suo prezzo, ma nessuno saprà quanto costa la mia libertà”
Bella riflessione, che mi sento di condividere
Eticamente penso non sia stato corretto censurare ” l’apprezzamento spiacevole ” riferito al padre.
Personalmente non amo gli interventi della Boldrini di qualsiasi natura essi siano. La considero una spina nel fianco della politica.
La libertà costa cara, si sa. È stato e sarà sempre così.
Per questo non ha prezzo!
Ma perché la Boldrini non si fa il suo blog su WordPress come tutti i cristiani? 😎😇
In effetti! Invece di molestare i poveri figli di papà….😁
La mediazione è cosa buona e giusta e la canzone è bellissima.
Confesso però che in questo caso mi sembra che torti e ragioni si separino con facilità.Da una parte, dichiarando che l’articolo di Feltri Major era sessista Boldrini faceva una constatazione del tipo “la temperatura minima stamani era tre gradi” oppure “il cavallo bianco di Napoleone era bianco”. Dall’altra, anche se non si trattasse di persona cenciabile com’è il caso di Feltri Major, che dell’essere cenciabile (e sessista in modo surreale) ha fatto il marchio di fabbrica e una delle ragioni della sua vasta reputazione, l’idea che su una testata non puoi dir male del padre del direttore, foss’anche costui padre Francesco d’Assisi o Martin Luther King, mi fa venire l’orticaria.
“Te i’mmi babbo e tu llo lasci stare” andava benissimo come sketch per i Giancattivi, ma se tuo padre è personaggio pubblico e pure opinionista (nonché di parte politica decisamente opposta alla testata che dirigi) devi pur renderti conto che qualche critica è possibile che gli arrivi. Non puoi dirigere un giornale con i criteri che usi a casa tua per il pranzo di Natale, mi sembra. E il fatto che qualcuno sembri trovarlo normale (“sì, ma è suo padre”) mi fa un po’ paura. Sì, d’accordo, la famiglia. Sì, d’accordo, siamo in Italia. Ma qualche limite dovrebbe pur esserci, perfino in Italia e col nostro demenziale culto della famiglia.
Hai ragione, ma seppur arbitrario, seppur inqualificabile, in ogni giornale il direttore ha diritto di veto su quel che si pubblica. Poi, come scrivevo, sta ai lettori premiare o meno le sue scelte
Senza dubbio ha diritto di farlo,ma mi sembra agghiacciante che decida di intervenire per proteggere la famiglia, ecco. E d’altra parte ogni pEse ha la sua cultura, le sue tradizioni, i suoi valori… 😳
partito troppo presto “che decida di utilizzarlo in difesa della sua famiglia, ecco. E d’altra parte ogni paese ci ha la sua cultura” eccetera.
Grande Giac!