Leggevo il racconto di alcuni operatori del 118. Testimonianze drammatiche, storie che ti lasciano il segno: entrare nel dolore e nella paura, prima ancora che nelle case delle persone, non penso sia un’esperienza che potrai mai dimenticare. Uno dei volontari raccontava appunto che la prima cosa da fare è tranquillizzare il malato ed i familiari, diminuire la tensione, evitare il panico che può prendere chi si appresta a lasciare i propri cari verso un futuro incerto e pieno di paure.
“Si ricordi di prendere il caricabatteria“. Questa è una delle frasi più ricorrenti: fra tutte le cose che conviene portarsi in ospedale, la cosa a cui molti non pensano è però essenziale, perché darà la possibilità di mantenere vivo l’unico contatto che avranno con l’esterno e con i propri cari.
Ma in effetti, al di là di questa drammatica circostanza, capita spesso così. Come quando da piccoli portavamo in vacanza la radio, ma dimenticavamo le pile, oppure prendevamo le biciclette e lasciavamo a casa la pompa per gonfiare le ruote. Succede, perché c’è sempre qualcuno che si prende la scena, che per scelta o per natura è destinato a stare sotto i riflettori, ad essere il protagonista. Ed è giusto così.
Io invece ho sempre subito il fascino discreto di chi nella sua indispensabilità riesce a stare un passo indietro: chi è condizione di possibilità, la chiave per far azionare il meccanismo. E lo fa con naturalezza, senza prendersi la copertina, fondamentale senza darlo a vedere, essenziale anche lontano dalla luce dei riflettori. E bella come l’ultima traccia di un album.
Tosto
Ah, l’importanza del caricabatterie 😄 Quanti ricordi, e sì, è davvero giusto ricordarsi di queste ottime persone che aiutano te e la tua famiglia in momenti che dire “traumatici” non rende nemmeno l’idea e dove ti dimentichi anche di avere due piedi ❤️