Ieri sera ho visto con piacere un docufilm (termine bizzarro, una via di mezzo tra un film e un documentario) sugli azzurri vincitori del Mondiale spagnolo, esattamente 40 anni fa. Correva l’estate dei miei 16 anni, con Miguel Bosè che cantava i Bravi ragazzi (tutti poeti noi del 66, come modificavamo la canzone a nostro uso e consumo) e i primi amori sul lungomare fra Anzio e Lavinio. Ma ancor prima di aver rivisto quelle immagini, come penso tanti della mia stessa età, sarei in grado di raccontare perfettamente ognuna di quelle partite della nazionale.
Ricordo esattamente dov’ero e con chi vedevo le partite, le ansie prima di ogni incontro e i festeggiamenti dopo. Ricordo lo scetticismo e le cattiverie giornalistiche che accompagnarono le prime gare, salvo poi mutarsi rapidamente nella santificazione dei giocatori: la corsa a salire sul carro dei vincitori è sempre stato uno degli sport più praticati, in qualsiasi epoca. Ricordo che qualche lupacchiotto giallorosso (come sempre, i figli stupidi di Roma) tifava Brasile perché c’era Falcao e quel cattivone di Bearzot non aveva convocato Pruzzo. Ricordo mia mamma felicemente sbronza dopo la finale, a sventolare una bandiera sulla litoranea, affollata di macchine festanti.
Nel servizio della Rai condotto da un grande Marco Giallini, ritornavano tutte queste cose e si inquadrava quella manifestazione nello scenario del Paese dell’epoca, sottolineando le difficoltà economiche e sociali in cui ci trovavamo. “Abbiamo bisogno di eroi” ha detto Giallini alla fine del documentario, perché quella vittoria può considerarsi come il riscatto dell’Italia, che proprio in quel gruppo di ragazzi era riuscita a ricompattarsi, a ritrovare uno spirito unitario dopo i veleni del periodo di piombo. La cosa mi ha fatto pensare, perché in realtà non sono molto d’accordo con questa ricostruzione.
In realtà nell’82, almeno dai miei ricordi, c’era un’altra atmosfera nel Paese. Gli anni duri, Moro, Ustica, la stazione di Bologna, erano ormai alle spalle. Ovviamente ancora c’erano degli strascichi, le BR facevano ancora paura, ma l’aria era cambiata, eravamo già andati avanti. Non c’è paragone con l’oggi. Siamo appena usciti da una pandemia mondiale, siamo nel pieno di una guerra dentro i confini dell’Europa e dentro una crisi economica che è ben lontana dall’essere superata. E siamo pure fuori dal mondiale, quindi nessun eroe potrà salvarci. Ma neanche risollevarci il morale.
E poi, seppure non ci avessero eliminati prima ancora di partecipare, con i problemi che abbiamo e il disincanto diffuso, a cosa sarebbe servita un’ipotetica vittoria al mondiale di calcio? E’ vero, sono il primo ad essere convinto che “il calcio è la cosa più importante fra le cose meno importanti“, può essere terapeutico (la Lazio continua ad essere il termometro del mio umore non solo domenicale). Ma nonostante tutta la retorica di cui possiamo caricarlo, davvero stavolta non credo che ci avrebbe potuto salvare. Forse, proprio come successe oltre 40 anni fa, dovremo sbrigarcela da soli. Ripartiremo anche senza eroi: ce la facemmo allora e ce la faremo adesso.
Loro arriveranno dopo e magari ci regaleranno un altro mondiale.
Non ero ancora nata ai tempi, ma ho vissuto la più recente vittoria sgli Europei, che pure non è caduta in un periodo proprio felice. Però un po’ di gioia è riuscita a portarla, sarà stata breve, sarà stata poca cosa, ma anche solo crederci forse avrebbe distratto un po’
Decisamente non abbiamo bisogno di eroi! Ma di validi politici si. Oggi siamo govenati dal niente, a parte Mattarella e Draghi… La vedo proprio dura rialzarsi… ( il ricordo dei mondiali dell’82… grandioso!! )
Ovviamente c’ero e ricordo tutto con piacere, pur non seguendo il calcio. Hai detto bene: la situazione adesso è diversa da allora. Eravamo diversi anche noi: quelli erano gli anni più spensierati.
Gli eroi ci sono, ma non guadagnano miliardi tirando calci ad un pallone e non sposano veline, ahimè!
Ho guardato anch’io quel documentario è giusto ieri ne ho visto un altro sul calcio femminile, sulle difficoltà e i pregiudizi che ogni giorno le calciatrici riscontrano in un ambiente prettamente maschile. Quanta strada c’è ancora da fare!🙄
@ Pindaricamente: ebbene, dal 1982 le cose per il calcio femminile sono molto cambiate e ognuna delle (davvero eroiche) ragazze che negli anni 80 giocavano a calcio si trovava ogni giorno a subire un viscido e sprezzante compatimento che trasformerebbe qualsiasi giocatrice dei nostri giorni in un reattore nucleare in piena fusione,
A parte questo però erano degli anni molto vivaci e carichi di ottimismo, e il nostro mondo andava allargandosi. Eroi purtroppo c’è n’erano molti . Felice il giorno in cui non serviranno più!
Abbiamo sempre bisogno di eroi. Non penso solo al calcio, ma in generale. È vero che una nazionale che sa regalare un Mondiale, al posto di una nazionale come quella di oggi, che è stata chiamata: “di brocchi”, può tirare su il morale di un’intera nazione. Sinceramente però preferirei avere campioni nel campo della politica, della giustizia, della lotta alla mafia, del giornalismo, ecc.