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A chi l’ora solare? A noi!

E così ci appropinquiamo di nuovo a questa stratosferica rottura d scatole del cambio dell’ora. Ho già scritto altre volte che odio l’ora solare, il buio alle quattro del pomeriggio, l’idea che poi tra qualche tempo dovremo tornare all’ora legale e starò rimbambito per due settimane per la sveglia anticipata, il dover cambiare l’orologio della macchina che ogni volta mi impicco a capire come si fa.

Quest’anno però, per tenere alto l’umore dei cittadini e confermare il suo gradimento nell’elettorato, la nostra grande premier ha lanciato l’iniziativa, “spostiamole insieme”. Le lancette, ovviamente. Anche perché ultimamente in altri tipi di spostamenti non le è andata troppo bene. C’è tempo fino alle a stanotte alle 24, è sufficiente compilare il modulo presente nel sito della presidenza del consiglio e fra tutti i partecipanti verrà estratto a sorte un fortunato vincitore.

Cosa si vince? Un nuovo ministro della cultura? Ma no, molto di più! Il fortunato vincitore si vedrà bussare alla porta stanotte alle 2 e 59, dalla premier in persona che verrà a spostare tutti gli orologi di casa di un’ora indietro. D’altra parte lei è una che ama guardare indietro, molto indietro, quindi perché stupirci?

Ma non è un’idea fantastica? Non ve lo aspettavate eh! Dopo aver offerto la colazione a tutti, dico tutti i pensionati d’Italia (3 euro, cappuccino e cornetto) ecco quest’altra fantastica iniziativa. Dall’altra parte dell’oceano Elon Musk fa una lotteria da un milione di dollari fra tutti gli elettori di Trump, poteva l’italico ingegno essere da meno?

Quindi se sarete svegliati nel cuore della notte, non vi preoccupate. A chi l’ora solare? A noi!

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(Not) in my name

Tre anni fa Paola Egonu fu scelta come portabandiera della nostra nazionale olimpica. Con grande disappunto di qualcuno che non la riteneva abbastanza rappresentativa delle genti italiche. Non potevo non dire la mia e oggi mi pare opportuno ricondividere quelle considerazioni.

Il portabandiera è un simbolo. Un’immagine che rappresenta tutti, che racchiude in sè una moltitudine di individui. Tutti diversi, ma tutti riuniti, tutti compresi all’interno di un insieme.

Una volta era in battaglia, oggi per fortuna solo alle Olimpiadi, ma comunque seppure solo ai giochi, il portabandiera è il rappresentante di una nazione. Ci rappresenta tutti perchè tutti ci possiamo riconoscere in lui. Ma oltre il portabandiera nazionale ci sono poi quelli olimpici, che non rappresentanto il singolo Paese, ma tutto il mondo, tutte le nazioni insieme.

Ma ora ditemi, con tutta l’apertura mentale possibile, come faccio a riconoscermi in Paola Egonu? Fatemi capire, l’avete scelta come portabandiera perchè rappresentasse non solo tutti gli italiani, ma tutti i cittadini del mondo? Ma l’avete mai sentita parlare? Come potrei mai riconoscermi in lei? Come potrei mai sentirmi rappresentato da una come lei? Una che parla con quel dialetto Veneto? E dai su, non scherziamo!

P.S. Invece sto a scherza’ Paole’. Faje vede’ chi sei! Sentire Adinolfi e tutti i nazisti dell’Illinois de noantri che schiumano rabbia non ha prezzo…..daje Paoletta, daje!

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Le Olimpiadi sono belle ma non ci vivrei

Una volta c’erano le cerimonie inaugurali delle Olimpiadi. Che quando si svolgono d’altra parte del mondo ti fanno stare sveglio ad orari improbabili. Stavolta no, erano dietro casa, peccato che invece degli atleti si parlava soprattutto della grandeur francese, con annessa ultima cena in salsa trans. Dove trans sta per transaminasi. Da record olimpico, quelle degli atleti dopo un bagnetto sulla Senna.

Ma l’importante si sa è partecipare, lo diceva anche Gaber, anzi lo cantava: libertà non è stare sopra un albero e nemmeno il volo di un moscone, libertà è partecipazione. Non quando arrivi quarto e vinci la medaglia di legno, perché poi arriva una vecchia spadaccina inacidita che ti spiega che invece conta solo vincere. “Vincerè e vinceremo“! Anche se qualcuno invece preferisce defilarsi, perché si accorge che i pugni fanno male. Non tanto male come l’acqua della Senna, ma comunque anche quelli rischiano di aumentare il mal di fegato. D’altra parte si sa, le donne non vanno colpite nemmeno con un fiore, perché mai dovrebbero prendersi a pugni?

E meno male che almeno alle Olimpiadi si spara solo ai piattelli, perché in giro c’è invece chi spara a ben altro. Che poi mi sono sempre chiesto, ma quelli che fanno questi sport particolari, che sparano, tirano con l’arco, vanno su barchette improbabili, volteggiano su strani attrezzi, nei quattro anni tra un’Olimpiade e un’altra, che fanno? Dove stanno? Come passano le domeniche? Chissà. Però forse almeno loro non devono stare in pena ogni estate per la campagna acquisti della Lazio. Non perdono tempo a insultare Lotito e si potranno godere la prossima cerimonia inaugurale delle Olimpiadi.

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Moglie e buoi

Moglie e buoi dei paesi tuoi! E così questa Elena Donazzan ha pensato bene di rispolverare l’antico adagio per farne il suo manifesto elettorale in vista delle prossime europee. D’altra parte quell’altro genio di Salvini adotta lo slogan “Più Italia meno Europa”, che per elezioni europee mi sembra più esilarante di una battuta di Stanlio & Ollio, quindi perché stupirci.

Peccato che io non mi sia voluto cimentare in quest’agone elettorale, altrimenti avrei certamente preso spunto da questa Donazzan. Però sarei andato più a fondo, al vero nocciolo del problema. Perché non c’è dubbio che i matrimoni misti siano una vera calamità, un’autentica piaga sociale, ma la questione veramente spinosa non è quella fra cattolici mussulmani. Ma quando mai!

I peggiori, a livello di conseguenze future, per le civili convivenze e per l’equilibrio psicofisico dei figli, quelli che potenzialmente possono fare danni seri e irrecuperabili, cari viaggiatori ermeneutici, sono i matrimoni misti tra laziali e romanisti!

P.S. Quando sento questi cialtroni ogni volta i miei buoni propositi di non andare più a votare vengono traditi. Niente da fare, mi tocca andare anche questa volta!

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Tempo al tempo

In questi giorni, complice la macchina dal meccanico, mi è capitato di riprendere la metropolitana. Rispetto a quando prendo la macchina, alla fin fine il tempo per arrivare in ufficio è su per giù lo stesso, solo molto più scomodo. Soprattutto riflettevo su una cosa e una domanda mi è sorta spontanea.

In mezzo alla gente infatti, ti rendi conto che le persone hanno tempo per un sacco di cose. Hanno tempo per leggere un libro o per ascoltare della musica. Hanno tempo per stare sui social o per chattare con qualcuno. Hanno tempo per pianificare una vacanza o per finire un lavoro. Hanno tempo per impicciarsi degli affari altrui o per arrabbiarsi al telefono con la linea che va e viene. La gente ha tempo per un sacco di cose. E quella domanda continua insistente dentro di me.

Perché poi vedi che le persone hanno tempo per fare un giochino elettronico, qualche boomer come me addirittura azzarda una Settimana Enigmistica. Hanno tempo per portarsi appresso un cane e qualcun altro una bicicletta. Hanno tempo per mangiare uno snack, per dare una moneta al solito suonatore ambulante, hanno tempo per parlare della Roma e della Lazio e per insultare il politico di turno. E la domanda rimane appesa senza una possibile risposta.

E perciò, cari viaggiatori ermeneutici, è davvero impressionante constatare che le persone hanno tempo per così tante cose. Ma allora mi chiedo e vi chiedo, perché mai non hanno tempo per lavarsi le ascelle?

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Metasemantica Sarriana

E così anche il Comandante Sarri ha dovuto archipattarsi alla situazione. Proprio lui che affistellava gli altri con un eloquio sdareddo, che non lasciava mai sostiri o malgiurisdi, si è dovuto mastrappare venendo meno ai grandi sogni. I giocatori da parte loro si sono subito affistellati a sdolgiornare la loro posizione, forse scantesi che un domani qualcuno potesse asdordinare proprio a loro l’accaduto. E in parte è così. Così come in parte la responsabilità è pure nell’ostigaria che Sarri ha sempre messo nelle scelte. Ma lui è malverscio, si sapeva, pensare di ordinizzarlo era pura pancrasia!

In ogni caso sappiamo tutti chi è il vero e quasi unico distorgabile di quanto successo: l’immanordabile Lotito, che passa pure per concleso, come se non fosse contento di risparmiare un po di sderenghi e ricominciare con qualche altro maltorvisato. Ora si parla di Tudor. Certo, visto mai si scegliesse un caripante col DNA laziale!

Noi comunque lo accoglieremo con la solita sdarenga bentornista e l’entropismo che non ci manca, perché in fin dei conti, hai voglia a dire che è solo un torgio e che le cose sdruse sono altre, ma cos’è che ci fa sdremare il cuore, cos’è che allonia o sdirupa le nostre giornate, se non le sorti della nostra beneamata? E quindi, che sarà sarà, in alto i cuori fratelli biancocelesti, che prima o poi l’astragante ci sorriderà.

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Se siamo tutti d’accordo io tornerei nel 1978

Sei un ragazzetto spensierato, fiducioso nel futuro. L’Italia ha appena disputato un grande mondiale in Argentina, la Lazio vivacchia a centro classifica, Venditti sta sotto il segno dei pesci, Bennato nell’Isola che non c’è e tu diventi fan degli Elo. Al cinema all’aperto di Santa Severa hai visto per 4 volte consecutive Grease e tra un po’ salirà sullo scranno di San Pietro un Papa polacco che rivoluzionerà il mondo.

Ancora non lo sai, né puoi proprio immaginartelo, ma qualche anno dopo Giordano si venderà le partite facendoci retrocedere in serie B e Manfredonia andrà a giocare nella Roma. Un trauma da cui non ti riprenderai mai più. Poi crolla il muro di Berlino e la guerra fredda non c’è più. Purtroppo diventa calda in Yugoslavia, che nel frattempo non esiste più, la mafia dichiara guerra allo Stato e la magistratura arresta mezzo parlamento italiano.

Tu ovviamente non puoi neanche lontanamente presagirlo, ma i computer cambieranno la nostra vita, così come i telefoni, che diventeranno inseparabili compagni delle nostre giornate. Nel frattempo un aereo, anzi due, buttanno giù i più grandi grattaceli del mondo, Beppe Grillo fonda un partito (ma solo perché Troisi è morto, Benigni è impegnato a vincere gli Oscar e Verdone è troppo ipocondriaco) e il saluto romano diventa un elemento di folclore (tipo, oh ciao, bella zi). Infine un morbo sconociuto chiude in casa mezzo mondo, costringendoci ad andare in giro come turisti koreani e a salutarci toccandoci i gomiti.

Tu giovane adolescente del ’78 tutto questo non te lo puoi immaginare nemmeno nel più iperbolico sforzo di fantasia. Soprattutto mai e poi mai, neanche sotto botta dei funghi allucinogeni, ti penseresti un giorno di vedere John Travolta, pelato, con la barba e qualche chilo di troppo che fa il ballo del qua qua al festival di San Remo.

Datemi retta, torniamo al 1978.

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Ebbene sì, ammettiamolo

Perché le persone fanno cose stupide? Qualcuno potrebbe dire, citando il mitico Forest Gump “stupido è chi lo stupido fa”, quindi se fai cose stupide è perché sei stupido (già in passato avevo approfondito il tema, parlando del bellissimo libro di Carlo Cipolla sulle 5 leggi fondamentali sulla stupidità). Ma non necessariamente è così. Fanno cose stupide anche le persone intelligenti. Che poi sarebbe la famosa “botta der cojone” come si dice dalle mie parti. Quella che appunto ti fa fare una cosa che mai nella vita avresti fatto, ma chissà perché quel giorno, ti viene in mente di fare.

Le stupidate occasionali però sono eccezioni, più o meno spiegabili, più o meno ragionevoli (le stupidate difficilmente sono ragionevoli). Quelle meno spiegabili sono le stupidate ricorrenti. Come quelli che tirano le porte dove sta scritto spingere o chi che si mette in macchina la domenica pomeriggio sperando di non trovare traffico. Ma i primi potrebbero essere distratti, i secondi potrebbero non avere alternative: insomma una qualche spiegazione ad un comportamento stupido, potrebbe esserci. Ci sono però stupidate ricorrenti e generalizzate davvero inspiegabili. E al primo posto metterei quelli che un nanosecondo dopo che l’aereo è atterrato scattano in piedi come le molle. Ma perché lo fate? E perché mi guardate male se invece io resto seduto? Oppure quelli che scrivono sui social vieto questo, non autorizzo quell’altro. Ma sul serio fate?

Poi ci sono le stupidate ricorrenti, ma volontarie. Scelte e volute. Ad esempio c’è chi continua a fumare, ben sapendo i danni che questo comporta. Chi vota partiti improbabili e chi si avvelena le domeniche tifando squadre che vincono raramente. E poi ci siamo noi cinquantasettenni, che continuiamo a mettere a rischio caviglie, ginocchia e polmoni giocando a calcetto il giovedì sera con il freddo e sotto l’acqua. Mi vedo e ci penso. Soprattutto vi vedo, amici carissimi. Vi vedo e mi domando: quand’è che i miei coetanei sono diventati anziani? Com’è accaduto e perché io nel frattempo non me n’ero accorto? Mi conforta però un pensiero. Sarà pure una follia, una stupidata. Ma è la nostra. E siamo tutti convinti di continuare a farla, ogni santo giovedì. Almeno finché ci regge la pompa!

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Sarò allergico?

E’ successo di nuovo! Proprio come qualche tempo fa…ormai non ci sono più dubbi!

Ma andiamo con ordine…il 24 sera, come da tradizione, abbiamo cominciato con le tartine al salmone e ai gamberetti, poi siamo passati al risotto alla marinara, quindi abbiamo proseguito con l’insalata di polpo e gamberi, per passare poi ai fritti vegetali e baccalà e concludere con i classici dolci pandoro, panettone, torrone. Il tutto accompagnato da un bel Vermentino di Sardegna. Tutto bene.

Per il Pranzo di Natale quest’anno siamo andati invece verso terreni nuovi. Dopo le tartine miste per l’antipasto, siamo passati alla pasta al forno, quindi maialino porchettato al forno con patate, ancora i fritti (erano avanzati, che fai non li mangi?) e poi di nuovo dolci natalizi, stavolta arricchiti dai biscotti fatti in casa da Ale, che con il vin santo sono proprio buoni buoni. Come vino siamo partiti con un Chianti, per passare poi ad un onesto Barbera. E tutto bene.

Per il pranzo di Santo Stefano abbiamo iniziato con delle uova alla tartara, veramente gustose, poi pennette al salmone e quindi rollè al forno e di seguito carciofi alla romana. Poi sono arrivati i fagiolini. E a quel punto ho avuto come l’impressione di implodere. E poi di esplodere. Sì, non andava affatto bene.

Ma non sarà che sono allergico ai fagiolini?

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Lasciamoci così, senza rancore

La mia relazione con l’Amaro Del Capo, durata molti anni, finisce qui. Lo ringrazio per gli anni splendidi che abbiamo trascorso insieme, per le difficoltà che abbiamo attraversato e per avermi regalato le serate etiliche più importanti della mia vita. Le nostre strade si sono divise da tempo, ed è arrivato il momento di prenderne atto.

Difenderò quello che siamo stati, difenderò la nostra amicizia, ma difenderò soprattutto e a ogni costo, il mio stomaco contro i bruciori notturni, come non ho fatto fin ora.

Non ho altro da dire su questo.

P.S. Tutti quelli che hanno sperato di indebolirmi colpendomi col reflusso esofageo, sappiano che per quanto l’amaro si prende dopo il dolce, il dolce rimane dolce e l’amaro non è poi tanto amaro, soprattutto se ci metti un cubetto di ghiaccio.

Mio fratello è figlio unico, perchè è convinto che nell’amaro benedettino non sta il segreto della felicità.