Ormai si sa, la pazienza è una grande virtù. Sopportare con pazienza le persone moleste è non a caso una delle opere di misericordia spirituale. Ma fino a che punto? Perché è vero, bisogna calarsi nei panni degli altri, bisogna cercare di vedere la realtà dal loro punto di vista, la molestia spesso nasce dalle paure, dalle insicurezze. A volte è importante rassicurare, alcune volte bisogna farsi spalla, altre volte è sufficiente essere orecchio. Devi saper contare fino a cento, a volte invece meglio far finta di non vedere, né sentire le persone moleste.
Ma moleste come? Come una caccola nel naso che non va né su, né giù? Come quelli che a Tresette bussano con il tre secondo? O come chi non riparte quando scatta il semaforo verde? Non c’é un’indicazione in questo senso. Bisognerebbe sopportare tutti, anche chi ha l’alito cattivo e si ostina a non tenere il distanziamento sociale. Perché in realtà la questione vera è un’altra: fino a che punto pazientare e quando invece provare con una capocciata sui denti?
In ogni caso, una volta che la razionalità ha percorso tutte le sue strade, alla fine dobbiamo ricorrere alla poesia. E nel nostro tempo, chi meglio del sommo poeta Giulio Rapetti, in arte Mogol, ci può dare un’indicazione chiara su come andare avanti?
Saper aspettare chi viene e chi va
Cercando di ripartire, qualcosa accadrà
Usare poco i motori e poco gli allori
Però amando più il giorno
E partire senza mai pensare, ad un sicuro ritorno