Abbiamo bisogno di un sogno ribelle

Ma siamo proprio sicuri che Maslow avesse ragione? E voi, cari lettori ermeneutici magari vi chiederete: “ma chi cazz’è ‘sto Maslow“? Costui era un esimio psicologo che creò un modello dello sviluppo umano basato su una gerarchia di bisogni, disposti a piramide, in base alla quale la soddisfazione di quelli più elementari è condizione necessaria per fare emergere quelli di natura superiore.

Alla base della piramide ci sarebbero i bisogni fisiologici (non credo serva elencarli), poi quelli di sicurezza (fisica, familiare, di propietà), quindi quelli di appartenenza (amicizia, amore), quelli di stima (autostima, realizzazione) ed infine quelli di autorealizzazione (moralità, creatività, accettazione). Non entro nel merito, se il tema vi interessa trovate un sacco di roba online, certamente più interessante di quello che potrei raccontarvi io. Mi soffermo sul postulato iniziale e torno alla domanda iniziale.

Siamo proprio sicuri che i bisogni basilari siano i primi a dover essere soddisfatti? Siamo certi, ad esempio, che finché non avremmo soddisfatto il mangiare non ci verrà voglia, che so, di ballare? A pancia piena, certi discorsi vengono meglio, siamo d’accordo. Ma i più grandi poeti hanno scritto le loro opere migliori proprio quando avevano un bisogno insoddisfatto. E non è forse vero che le più belle canzoni siano state scritte da cuori affranti?

E certo, va da sé che in questi tempi di pandemia abbiamo bisogno di sicurezze economiche, di salute, di affetti. Ma proprio oggi, oggi più che mai, abbiamo bisogno soprattutto di un orizzonte diverso. Abbiamo bisogno di non arrenderci alla realtà, abbiamo urgentemente bisogno di ricordare chi siamo, per non dimenticare la nostra vita di prima. Abbiamo bisogno di un sogno ribelle, che non si accontenti dell’oggi, ma riesca ad immaginare i confini di un futuro diverso. Abbiamo bisogno di progetti, abbiamo bisogno di fughe, abbiamo bisogno di nuovi obiettivi e ne abbiamo bisogno più di quanto possiamo ammettere anche a noi stessi.

Abbiamo bisogno di musica nuova, che non deve per forza essere nuova musica. Anche perché poi ci pensa Springsteen, che tira fuori canzoni scritte cinquant’anni fa, che però sono più belle e più attuali di quelle scritte ieri. Seguiamo lui e non sbagliamo. Perché come disse Obama quando nel 2009 gli consegnò il riconoscimento per la diffusione della cultura americana, “I’m the president, but he’s the Boss”.

 

 

Back to the Future. I 10 motivi per tornare nel 1985

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Ma chissà che delusione per Marty e Doc, partiti dal 1985 con la mitica DeLorean, in viaggio nel futuro, ritrovarsi in questo 2015! Perché, sì è vero, rispetto a trent’anni fa oggi abbiamo tante cose in più, la vita si è arricchita, si è allungata, si è facilitata. La rete ha annullato le distanze, prima i cellulari, poi internet hanno creato quel villagio globale che ci permette di dialogare tranquillamente con il famoso aborigeno australiano. E però, diciamocela tutta, potevamo fare meglio!

Allora, a parte il fatto che avevo 19 anni (che già di per sé questo basterebbe per prendere la DeLorean di quei due e tornarsene indietro), ho trovato dieci buoni motivi per essere delusi del 2015 e tornare al 1985.

Partiamo dai trasporti cittadini. Trent’anni fa i miei lavoravano all’Eur e noi abitavamo a Montesacro, dall’altra parte di Roma. Tempo di percorrenza media un’ora. Oggi io lavoro all’Eur e abito a Montesacro, tempo di percorrenza medio un’ora. Nel frattempo la tangenziale è stata collegata all’Olimpica, sono state create due gallerie nuove, il Gra è stato allargato con la terza corsia, un trenino urbano funziona anche abbastanza bene, la metro B ha una nuova diramazione e da pochi mesi hanno aperto la C. Ma non c’è niente da fare, Roma resta una città bella, bellissima, la più bella di tutte. Da venirci come turista.

In politica, uno che arrivasse qui oggi dall’85 farebbe fatica ad orientarsi: DC, PCI, PSI, PLI, PRI, MSI…Cazzaniga, nun te regghe più! Tutti morti e sepolti. Il guaio è che anche i nuovi non reggiamo più. Ma soprattutto, come Doc allora si meravigliava che era diventato presidente USA un attore di film western, pensate come si stupirebbe ora vedendo un cabarettista che ha aspirazioni da premier.

Sul cibo è una vera e propria tragedia. L’influenza aviaria, la mucca pazza, il merluzzo con il mercurio, le salsicce sono cancerogene (anche se io, a dire il vero, non le ho mai fumate), il salame fa venire i brufoli (va be’ quello anche trent’anni fa). Però, io dico, ma sul serio l’unica salvezza possibile è mangiare lattuga, carote e farro? Il tofu e il seitan sono il solo possibile futuro?

E restiamo in tema. Possibile che con tutte queste scoperte, con tutti questi scienziati, in questi trent’anni non si è ancora trovata una cura contro il cancro? Non doveva essere una, anzi, la priorità assoluta? Siamo sicuri che ad esempio, era proprio necessario perdere tempo con Saddam Hussein, Bin Ladem e i Talebani? Era davvero necessario finanziare le ricerche sulla coltivazione di alghe marine o mandare i satelliti su Marte?

Forse il cancro era troppo difficile. Ma almeno qualcosa contro l’alitosi e la puzza di ascelle? Niente eh! Va be’, ma allora ditelo!

In fatto di calcio si è avverato uno dei miei incubi peggiori. La seconda squadra della capitale in mano a dei paperoni americani. E lascia stare che essendo americani, sono anche un po’ farlocchi e per il momento si sono limitati a buttare soldi dalla finestra. Ma questi sono più ricchi del monopoli: dai e dai temo che prima o poi ci azzeccheranno. E allora la nostra già bistrattata città sarà in mano all’orda dei barbari .

In fatto di moda ha ragione Verdone. In questi trent’anni “se li semo tajati, se li semo allungati, l’avemo arricciati, l’avemo stirati, ma che ce dovemo più inventa’?” Effettivamente però, lo shatush, farsi i capelli a strisce colorate, ancora non l’avevamo visto. E avremmo preferito continuare a non vederlo.

In televisione abbiamo il grande fratello, gli amici di Maria de Filippi, c’è posta per te, uomini e donne, la prova del cuoco…devo continuare? Aridatece “quelli della notte”!!!

Sulla musica che dire? Nell’85 il concerto più bello a cui sarei potuto andare era quello del Boss. Oggi invece è esattamente lo stessa cosa.

Insomma, in questi trent’anni il progresso ha cambiato le nostre vite, ma non al punto da stravolgerle. Perché ha cambiato le cose, ma non le emozioni. E vorrei vedere le facce di Marty e Doc, atterrati qui nel 2015, speranzosi in macchine volanti, teletrasporto e chissà quali altri grandi invenzioni della scienza, scoprire che l’ultima meraviglia della tecnica sono dei bastoni di alluminio per farsi le foto da soli.

Anche loro avrebbero concordato che era meglio tornare nell’85!