Il boia e la memoria

Io, il nemico, lo combatto quando è vivo e non quando è morto. Lo combatto quando è in piedi e non quando giace per terra (Sandro Pertini)

Non entro nel merito dell’opportunità di celebrare dei funerali religiosi per il carnefice delle Fosse Ardeatine. Il diritto canonico parla chiaro. Non c’è stato, almeno a quel che risulta, un pubblico pentimento, quindi di che parliamo? Se Dio nella sua infinita misericordia lo perdonerà e soprattutto, se lui di fronte all’Altissimo riuscirà a perdonarsi ben per lui. Ma entrambe le questioni esulano dalle nostre conoscenze.

La questione è un’altra. Cosa ne facciamo delle sue spoglie mortali?

Qualcuno dice di cremarle e spargerle chissà dove. La paura è che sotterrarlo da qualche parte rischierebbe di creare un luogo di pellegrinaggio per poveri dementi, come quelli che l’altro giorno hanno preso un treno per Albano.

Io la penso esattamente al contrario.

Bisogna sotterrarlo. E bisogna farlo in un posto specifico, creato apposta. Dove proiettare tutto il giorno, tutti i giorni, le immagini delle stragi naziste, insieme alle testimonianze dell’olocausto, ai poveri resti di quei poveretti. Insieme alle immagini di Auschwitz, di Birkenau, di Dachau. Per mostrare fino a che punto possa arrivare l’orrore e la follia umana.

Così forse quei dementi di cui sopra, ma anche qualche sputasentenze come quel gran coglione di Oddifreddi, la finiranno di sparare minchiate.

Altro che dimenticare. Dobbiamo ricordare, dobbiamo fare in modo che la memoria resti viva, che l’orrore continui a far sanguinare le coscienze.

Perché solo così, forse, riusciremo ad evitare che l’orrore si ripeta.

Il dito e la luna

Sull’immane tragedia di Lampedusa sento parlare di legge Bossi Fini, di corridoi da presidiare, di taglio delle risorse, di dislocamento delle truppe, dell’Europa che non collabora. Sento le solite merde leghiste che straparlano, sento alcuni speculare, altri che piangono, chi si rammarica e chi invece pontifica. Tutto giusto, tutto vero.

Ma così guardiamo solo il dito.

Possiamo esaminarlo per bene, fargli la radiografia, vederlo in tridimensionale, contando le linee che ne creano l’impronta. Possiamo disquisire all’infinito, raccontarci la rava e la fava di questo dito benedetto

Ma, come spesso accade, se ci fermiamo al dito, non guardiamo la luna.

E la luna è l’inferno da cui questi poveretti scappano. Perché prendere moglie e figli e mettersi su una zattera per attraversare il mare significa aver visto l’inferno.

Se non andiamo lì a risolvere i problemi alla radice potremmo fare qualsiasi cosa, corridoi umanitari, centri profughi, leggi speciali per aumentare l’accoglienza, ma temo che sarà tutto inutile, come fermare l’acqua con le mani. Se vogliamo davvero finire questa strage seguiamo la direzione che indica il dito. Andiamo laggiù e affrontiamo l’inferno. Questo deve fare l’Europa, se non vuole avere sulla coscienza un nuovo olocausto.