“La differenza fra un sogno e un obiettivo è semplicemente una data”

La data in cui non ci sarà più un testa di cazzo come Salvini che vomita le sue stronzate sull’immigrazione (e scusate se ho usato il termine “testa”. In effetti vicino a Salvini è un po’ come accostare colesterolo e lardo di Colonnata). La data in cui non ci saranno più teste di cazzo che crederanno alle stronzate di uno come Salvini (cit. “Io odio i nazisti dell’illinois“).

La data in cui non ci saranno più muri, né steccati, per separare Berlino o Gerusalemme. La data in cui capiremo che l’Italia, l’Europa, l’Occidente, non sono “nostri” né più, né meno di quanto non siano “loro”.

La data in cui ci renderemo conto che quelli che pensiamo essere diritti, sono solo privilegi. La data in cui confesseremo a noi stessi che quelle che pensiamo essere ragioni, sono solamente alibi.

La data in cui prenderemo sul serio fino in fondo il nostro essere cristiani. La data in cui vedendo questa foto non solo ci indigneremo, ma faremo concretamente qualcosa, qualsiasi cosa anche piccola così che non succeda mai più.

bimbo

Quella sarà la data in cui avremo smesso di sognare. Ma forse avremo raggiunto un primo obiettivo.

Indietro lo straniero

In questi ultimi giorni leggendo i giornali sul tema immigrazione ho la sensazione che ci sia una specie di concorso per chi spara la cazzata più grossa. Non bastavano le teste di minchia di casa nostra, salvini e grullini, fascisti e diversamente democratici, ad un certo punto evidentemente anche in giro per l’Europa devono aver pensato che in fondo ormai la gente si beve ogni cosa e quindi perché non esagerare? I francesi, ubriachi di Camembert dichiarano guerra alla Nutella e ai profughi, gli ungheresi, appesantiti dalle cipolle del gulash, vogliono costruire un bel muro con la Serbia.

L’immigrazione  è un fenomeno inarrestabile che ha accompagnato la storia degli uomini dalle caverne ad oggi. In cerca del cibo per scappare alla fame, verso climi migliori per non morire di stenti, lontano dalle guerre in cerca di un futuro migliore. E di fronte agli indigenti che arrivavano, sempre, in ogni luogo, in ogni epoca, ci sono stati quelli che temevano di perdere i loro privilegi. Chi innalza muri, chi scava fossati, chi usa l’esercito.

Ma possibile che la storia non ci insegni mai nulla? Dalle legioni dell’impero, alle armate dei crociati, nessuno è mai riuscito a fermare una massa di disperati in cerca di un futuro migliore. Perché quando non hai più nulla da perdere., non ti spaventa più nulla. D’altra parte proprio sulla paura del diverso, sull’indietro lo straniero, hanno sempre speculato i cialtroni arruffapopolo, cavalcando la demagogia, dando soluzioni semplici a problemi complessi, creando mostri laddove non ce ne erano, evocando spettri solo per impressionare le anime semplici.

Tra cinquant’anni l’Europa sarà un po’ meno bianca e un po’ più islamica. I nostri nipoti saranno un po’ più scuri e avranno i capelli ricci. Sempre ammesso che non avranno gli occhi a mandorla. Non c’è nulla da fare. Ci hanno detto che la nostra Italia diventerà un inferno. Ma io non so se credere all’inferno. Forse esiste e forse no. Quello che esiste sicuramente è il Boss. Allora, sapete che c’è? Io credo nel Boss.

I McNichola, i Posalski, gli Smith, gli Zerilli, anche i neri, gli irlandesi, gli italiani, i tedeschi e gli ebrei. Arrivati attraverso l’acqua mille miglia lontano da casa. Con le pance vuote e il fuoco dentro. Morirono costruendo le ferrovie riducendosi pelle e ossa, morirono nei campi e nelle fabbriche, nomi dispersi al vento. Morirono per arrivare qua cento anni fa e muoiono ancora adesso.

Il dito e la luna

Sull’immane tragedia di Lampedusa sento parlare di legge Bossi Fini, di corridoi da presidiare, di taglio delle risorse, di dislocamento delle truppe, dell’Europa che non collabora. Sento le solite merde leghiste che straparlano, sento alcuni speculare, altri che piangono, chi si rammarica e chi invece pontifica. Tutto giusto, tutto vero.

Ma così guardiamo solo il dito.

Possiamo esaminarlo per bene, fargli la radiografia, vederlo in tridimensionale, contando le linee che ne creano l’impronta. Possiamo disquisire all’infinito, raccontarci la rava e la fava di questo dito benedetto

Ma, come spesso accade, se ci fermiamo al dito, non guardiamo la luna.

E la luna è l’inferno da cui questi poveretti scappano. Perché prendere moglie e figli e mettersi su una zattera per attraversare il mare significa aver visto l’inferno.

Se non andiamo lì a risolvere i problemi alla radice potremmo fare qualsiasi cosa, corridoi umanitari, centri profughi, leggi speciali per aumentare l’accoglienza, ma temo che sarà tutto inutile, come fermare l’acqua con le mani. Se vogliamo davvero finire questa strage seguiamo la direzione che indica il dito. Andiamo laggiù e affrontiamo l’inferno. Questo deve fare l’Europa, se non vuole avere sulla coscienza un nuovo olocausto.