Conservalo per un giorno di pioggia

Dopo quest’estate torrida, con temperature africane e una siccità sempre più preoccupante, forse dovremmo rivedere il concetto di bel tempo. Non io che sono metereopatico: per me una giornata di pioggia sarà sempre una giornata di merda. E persino in quest’estate bollente se, come oggi, arriva d’improvviso il temporale estivo, mi girano le scatole.

Il fatto è che il bel tempo di quest’estate, il sole e il cielo senza nuvole, sembrava quasi un fatto scontato. Come quelle persone sempre disponibili, quelle che non si tirano mai indietro, sempre pronte a dare una mano: alla fine c’è sempre chi si sente autorizzato a chiedere qualcosa in più. A pretendere qualcosa in più, che se non arriva, fa nascere i malumori. Allora vi chiedo, viaggiatori ermeneutici, la colpa è di chi è troppo disponibile o è di chi esagera a chiedere?

Ma come una sola giornata di pioggia non può rovinare un’estate, così anche i no, non dovrebbero far cambiare opinione su qualcuno. Anzi, dovremmo riuscire ad apprezzare o almeno a valorizzare il buono che c’è in ogni frangente. Che poi, ricordiamocelo, se non si è suicidato Dolce Remì, vuol dire che tutto si può aggiustare.

Non esiste limone troppo aspro da non poterci fare qualcosa di vagamente simile a una limonata”. E’ una delle frasi cult di “This is us“, (probabilmente la serie TV più bella di sempre, a mio insindacabile giudizio) che rende bene l’idea di quello che voglio dire. Continuo ad amare l’estate, il sole, il poter girare mezzi nudi, le finestre spalancate che di notte fanno entrare il suono delle cicale, ma forse dopo questo torrido agosto riuscirò a dare una possibilità anche a una giornata di pioggia, cercando di tirarne fuori qualcosa di vagamente simile ad una bella giornata.

Consigli di lettura non richiesti. 28 / Ford, Lansdale, Towles

Nonostante tutti i sintomi siano andati via già da qualche giorno, i tamponi continuano a uscire positivi. Che dire? Pensiamo positivo! E speriamo che almeno per Pasqua questo cavolo di virus sia diventato un ricordo. Ma come dice una delle frasi più famose del mio amato This is us, “non esiste limone così aspro da non poterci tirar fuori una buona limonata” e quindi anche questa forzata permanenza domestica ha i suoi risvolti positivi. Per esempio la scorpacciata di libri che sono riuscito a fare!

E di conseguenza, in vista delle prossime festività pasquali, posso aggiornare la mia personalissima rubrichetta di consigli di lettura, rigorosamente non richiesti. Nel numero odierno mi concentro su un genere che mi piace moltissimo (infatti non nuovo su questo pagine), quello del romanzo di formazione. Che vi devo dire, Tom Sawyer e Huck Finn restano in assoluto i miei miti dell’infanzia e forse il loro influsso regge il passare degli anni. Più banalmente trovo le storie che raccontano la crescita dei personaggi nel tempo sempre stimolanti, capaci di coinvolgere il lettore più di qualsiasi altra. E arriviamo quindi ai consigli di oggi.

Comincio con Canada di Richard Ford, un gran bel romanzo, ambientato negli anni 60. E’ la storia un po’ surreale di due gemelli adolescenti alle prese con degli adulti (i genitori in primis) più adolescenti di loro, che li costringono a crescere prima del tempo, lasciandogli delle ferite che li condizioneranno per tutte le loro esistenze. Un romanzo psicologico, molto introspettivo, sulle responsabilità, dirette e indirette che abbiamo verso gli altri e sulle conseguenze che le nostre azioni possono avere anche per lungo tempo.

Proseguiamo con uno dei miei autori preferiti. Lasciati momentaneamente da parte i mitici Hap & Leonard, il mio amico Joe Lansdale ci fa immergere nelle atmosfere dark di Moon Lake. Se non conoscete l’autore qui c’è un piccolo compendio della sua arte: ironia, denuncia sociale, temi razziali, descrizioni accurate, thrilling, sangue e scazzottate, ritimi travolgenti. Lansdale è come i Rolling Stones o se preferite, come il ragù di mamma. E’ sempre quello, ma che altro vuoi di più dalla vita?

Il terzo consiglio è per Lincoln Highway di Amor Towles. Grandissima sorpresa, per un romanzo travolgente. Ci sono tutti gli elementi classici del romanzo di formazione/romanzo on the road americano: il mito della frontiera, la voglia di riscatto, la volontà di inseguire i propri sogni, ragazzi perduti e ritrovati. Il tutto raccontato magistralmente, dalle diverse voci narranti dei protagonisti, senza fronzoli, ma con un respiro profondo, nell’eterna antitesi fra il destino già tracciato e la volontà di costruirsi una strada alternativa. Personaggi memorabili, menzione speciale per Sally, l’unica fanciulla del gruppo, veramente straordinaria!

Buona lettura!

Questi siamo noi

Ultimamente sono stato letteralmente rapito da This is us. Una serie TV che racconta la storia di una famiglia americana che riesce ad illustrare i personaggi nello scorrere del tempo, seguendoli nella loro crescita. Per chi vuole approfondire qui un bell’articolo riassuntivo. Comunque una serie bellissima, che vi consiglio di recuperare, se non l’avete vista. Le prime 4 serie sono sulla piattaforma di Amazon prime, mentre la 5 serie, iniziata a novembre su Fox, è stata interrotta e riprenderà la programmazione ad aprile. Ho letto che ne stanno girando anche un adattamento italiano, che mi incuriosisce molto, anche se nutro forti dubbi possa essere all’altezza dell’originale. Vedremo!

In questa 5 serie, ambientata ai giorni nostri, troviamo i protagonisti alle prese con mascherine e distanziamento: così come in Grace Anatomy, gli autori hanno ritenuto che non fosse possibile ignorare l’emergenza planetaria e, rispettando fino in fondo il titlo della serie, hanno deciso di farla entrare nella storia, con tutto il suo carico drammatico.

Scelta totalmente opposta quella fatta invece dagli autori di Un posto al sole, la serie italiana più longeva (a differenza delle due sere citate sopra non si può dire che la seguo, però sono vent’anni che mi guarda cenare, non posso neanche dire che la ignoro!), che ha fatto finta di nulla, continuando a proporci le sue storie come se nulla fosse accaduto. Storie molto realistiche, concrete, legate all’attualità di Napoli (città in cui è girata). Perché gli autori hanno deciso di far finta di nulla? E perché invece gli americani non hanno saputo/voluto estraniarsi da tutto quello che sta succedendo? Noi i maestri del cinema neorealistico, loro, al contrario, famosi per le favole hollywodiane, sempre con il lieto fine. Per questo mi è saltata agli occhi la differenza.

Il cinema, ma sempre di più oggi le serie TV, devono saperci distrarre, devono catturare la nostra fantasia, farci emozionare e possono farlo raccontando la realtà o ignorandola, distorcendola o ricostruendola. Vedendo mascherine intorno a noi e ascoltando le tragedie che raccontano i TG, potremmo preferire distrarci da tutto almeno quando seguiamo una storia in TV. Oppure al contrario, vedere i personaggi che abbiamo imparato a conoscere nelle storie precedenti, alle prese con le nostre stesse difficoltà, potrebbe aiutarci a superarle, in una sorta di catartica impersonificazione.

Entrambe le strade sono giuste se riescono nel loro intento e francamente non saprei quale preferire. Però questo discorso secondo me si ricollega a quello che diceva la mia amica Chiara nel suo ultimo post e in particolare la citazione finale tratta dal Diario di Etty Hillesum: “Il dolore ha sempre preteso il suo posto e i suoi diritti, in una forma o nell’altra. Quel che conta è il modo con cui lo si sopporta, e se si è in grado di integrarlo nella propria vita e, insieme, di accettare ugualmente la vita. Fiorire e dar frutti in qualunque terreno si sia piantati – non potrebbe essere questa l’idea? E non dobbiamo forse collaborare alla sua realizzazione?