Predico bene, razzolo demmè

“Mi contraddico? Ma certo che mi contraddico! Sono vasto, contengo moltitudini” (Walt Whitman)

Ma insomma, che volete da me? Coerenza? E vi pare semplice? Coerenza: sostantivo femminile, intima connessione e interdipendenza fra fatti e parole. Ma io con le interdipendenze non ci vado d’accordo. Vanno bene i legami, sono favorevole ai legami, ma le dipendenze no, anzi io sono per il 4 luglio, sono assolutamente per l’indipendenza, di qualsiasi genere.

E ancora. Coerenza: costanza logica o affettiva nel pensiero e nelle azioni. E qui è la costanza che mi frega. Perché né fra i mie pregi (pochi), né fra i miei difetti (molti) c’è posto per la costanza. Sono troppo pigro per essere costante. Sono troppo creativo per essere costante. Sono troppo smemorato per essere costante. Quindi torno da capo, che volete da me?

D’altra parte, l’ho già scritto in precedenza su questo blog, valesse la coerenza, fosse importante l’assoluta coincidenza fra quel che si dice e quel che si fa, poteva reggere per duemila anni la religione cristiana? Va bene l’esempio dei santi, va bene il sangue dei martiti, ma per il resto “quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà la fede sulla terra?». (Luca 18,1-8) anche a Lui era venuto qualche dubbio. Perché Lui sì che era coerente, mica come noi!

Ma poi, se ci pensate bene, è da sempre così! Quante volte abbiamo trovato discordanza fra quello che ci insegnavano e quello che poi mettevano in pratica i genitori, i maestri, i professori, gli uomini saggi di ogni tipo e di ogni tempo. Ma il fatto che loro non riuscissero a metterlo in pratica personalmente, non dovrebbe svalutare quello che dicevano. Come invece a volte capita che qualcuno dica stronzate, ma poi alla prova dei fatti vada dritto al punto e raggiunga l’obiettivo.

Che pretendete dunque? Perché sembrate tutti così convinti che invece io possa essere coerente? Che vi ho fatto? Tutt’al più difondo luce e dolcezza e già questo mi sembra un obiettivo sfidante. Fate quel che dico non quel che faccio. Oppure, fate quel che faccio, non quel che dico. Anzi, ancora meglio, fate come vi pare. E ascoltatevi una bella canzone

Tra il dire e il fare

Tra il dire e il fare. Quante volte ve lo siete sentiti dire? Quante volte questa divaricazione voleva essere la saggia linea di demarcazione tra i nostri desideri e la realtà? Tra i buoni propositi e le cocenti delusione? Tra la conferma delle promesse e il loro inevitabile tradimento? Il confine tra le grandi aspettative di chi guarda avanti e i “te l’avevo detto” e gli “io lo sapevo” di chi si volta indietro.

Che poi che vorrebbe dire? Fai quel che dico non quel che faccio? E allora? Almeno qualcuno che dice le cose giuste ci dovrà pur essere. Poi lascia stare se le fa o no. Stai a guardare i dettagli. Intanto te l’ha dette, ti pare poco? In fondo come è sopravvissuto per duemila anni il cristianesimo? Certo, per lo Spirito Santo. Sicuramente grazie al sangue dei martiri. Ma io, francamente lo Spirito Santo in 50 anni di vita quante volte l’ho incontrato? E quanti martiri ho conosciuto? Invece ho incontrato qualche uomo di buona volontà, che diceva cose giuste. Sul metterle in pratica possiamo discuterne, ma almeno sapeva dire con chiarezza quello che era giusto fare. Come sempre, tra il dire e il fare.

C’è di mezzo il mare, ci dice il proverbio. Ma quale mare poi? Un mare di guai? Il mar dei Sargassi, quello dei quattro pirati che andavano su una zattera fatta di assi? Il mare d’inverno che è come un film in bianco e nero visto alla tv? Un mare in tempesta o un mare calmo come una tavola? Un mar piccolo come quello di Taranto, dove ci stanno le cozze pelose? O un mare grande come un oceano da attraversare per arrivare fino alle Indie che poi si rivelano essere l’America e tu la scopri e trecento anni dopo quei coglioni fanno diventare Donald belli capelli l’uomo più potente del mondo?

Be’ allora sapete che vi dico? Fanculo i proverbi. Fanculo il mare, fanculo soprattutto belli capelli. Il dire diventa fare quando le possibilità diventano realtà. Ma se la distanza tra il dire e il fare ti spaventa al punto da non farti più dire, al punto da non farti più fare, ricordati che ogni giorno ha le sue possibilità e sta a te tramutarle in realtà. Dipende da te e solo da te, perché tra il dire e il fare c’è di mezzo “e il”. E nient’altro. Fino a prova contraria.

You sit on a swing in the dark with a girl, and she tells you she wanted to kiss you, and you know the worst part of a good day is hearing yourself say goodbye to one more possibility day. It goes on and on