No. Non “calabresi”, come cantava simpaticamente la nord ai tifosi della Juve qualche tempo fa. No, no. proprio calabroni. Quegli insetti ciccioni, ciccioni che
Ognuno di noi può essere meglio di quello che pensa di essere. Ognuno di noi si merita di essere meglio, anche se non lo sa, anzi pensa esattamente il contrario. Perché anche questo discorso del merito andrebbe rivisto. Voi pensate che il calabrone pensa di meritarsi di saper volare anche se in realtà non potrebbe farlo? Io non credo.
Il problema sono sempre le paure e in particolare quella paura, quella fottutissima paura che abbiamo di avere paura. La paura delle nostre paure ci fa creare gli alibi e ci impedisce di volare, anche se in realtà saremmo in grado perfettamente di farlo.
Sì, saremmo in grado di esser felici. E non so se ce lo meritiamo o no, è una domanda da non porsi, perché inevitabilmente senza risposta. Piuttosto allora rilassiamoci. Sappiamo volare, ovvero siamo in grado di essere felici. Così, naturalmente, senza farsi troppe seghe mentali. Sdraiamoci in terra, guardiamo le nuvole, magari con un buon libro. Magari ascoltando Baba O’ Riley. Come si fa a non provare a volare ascoltando Baba O’ Riley?
C’era ancora qualcosa di non detto nel post di ieri. E grazie a un commento di Tilla (http://tilladurieux.wordpress.com/) è venuto fuori più chiaramente questa mattina. La genesi degli alibi non è tanto la paura per qualcosa di specifico. Non è, come scrivevo ieri, la paura di fare o non fare, trovarsi o perdersi, incontrare o dimenticare. La genesi dell’alibi nasce dalla paura di avere paura. Perché quello è il nostro terrore più profondo. Ed è quello che avvelena la nostra mente e ci svia verso le strade più o meno comode degli alibi.
Noi non vogliamo avere paura. E così costruiamo le nostre belle maschere, i nostri alibi. Non vogliamo nemmeno avere coraggio, il più delle volte, ma sempre per quella stessa paura. Abbiamo più o meno tutti paura di morire, ma più o meno tutti abbiamo anche paura di essere vivi. Abbiamo paura di non riuscire e quindi abbiamo anche paura di provarci. Tilla, nel suo commento al suddetto post dice che con le cazzate altrui ci dobbiamo fare i conti anche noi ed è per questo che se vogliamo amare dobbiamo sbrogliare le matasse altrui. Questo perché le paure degli altri sono le nostre. Che ci spaventano perché ci fanno scoprire inermi, incapaci di essere d’aiuto, fragili per noi e per chi ci sta accanto. Le paure degli altri sono le nostre e per questo (anche per questo? soprattutto per questo?) non possiamo non provare a sbrogliare le loro matasse. E come si fa? O almeno, come ci si prova?
Io non ho dubbi. Ridendoci su. Come ben racconta la favola di Monster & Co. l’unico modo per vincere le paure è scoprire il loro lato comico. Allo stesso modo, togliere gli alibi, sarà possibile solo se scopriremo quanto in realtà siano ridicoli. Una risata vi seppellirà. Altro che coraggio, altro che eroi. Per vincere le paure ci vogliono i comici (che assolutamente evitino di scendere in politica però!).
– Ma non sarà che questo è il tuo alibi? Che quella del comico è semplicemente la tua maschera per non affrontare i problemi e le paure?
Può darsi. Non sono così presuntuoso da pensare di aver trovato una soluzione definitiva, quella giusta per tutti. No, forse non sarà “La” soluzione. Ma è la mia. E’ quella che mi fa convivere con le mie paure, che mi fa prendere in carico e sopportare quelle degli altri. Che mi fa ridere delle mie paure e dei problemi, dei miei tentativi vani e anche di quelli ben riusciti. E tornando ad un altro post e sempre al commento di Tilla (lo confesso, ormai è amore!), in fondo non è vero che non riesco a parlare di sesso. Ma ci riesco a modo mio (https://giacani.wordpress.com/2013/10/27/tragicomico-erotico-stomp/ ) se e quando riesco a coglierne il lato irresistibilmente comico (del resto, cosa c’è di più erotico in una donna del suo senso dell’umorismo?)
– Ma tu mica riesci sempre a ridere dei guai, dei problemi, delle paure? Anzi, ultimamente brontoli peggio di una pentola di facioli co le cotiche
Ma certo. Quando mai ad un comico si è chiesta coerenza? Fai quel che dico e non quel che faccio. Il comico non è un eroe, non è un martire. Tutt’al più è un cazzarone, uno che non vuol crescere, uno che indica la strada, anche se lui stesso non è riuscito a percorrerla. Ma il fatto che lui non sia riuscito non significa che la strada fosse errata.
Abbraccia questo vento e sentirai che il mio respiro è più sereno
Io non ho paura
Di quello che non so capire
Io non ho paura
Di quello che non puoi vedere
Io non ho paura
Di quello che non so spiegare
Di quello che ci cambierà
Oramai già lo sai dai pirati, cosa ti puoi aspettare. Ti potranno insultare, minacciare, in fondo è il loro mestiere. Ti faranno i versi, le boccacce, ti faranno le facce scure. E’ per questo che si allenano davanti allo specchio quasi tutte le sere. Ma lo fanno per cercare di vincere le loro stesse paure. Oramai già lo sai dai pirati cosa ti puoi aspettare…
E’ possibile, per paura, rovinare la propria vita? E’ possibile, per paura, cancellare il proprio futuro? E’ possibile, per paura, decidere di non scegliere? Certo che è possibile. E tutti subito pronti a criticare.
Perché è facile condannare le paure degli altri. E’ semplicissimo giudicarli paurosi, accusarli di debolezza o di egoismo, perché non riescono ad affrontare le proprie paure. Molto più difficile ammettere le proprie, affrontarle, decidere di farci i conti, finalmente.
E’ possibile non avere paura? Non sto parlando del coraggio dell’incosciente, di quello che non conosce paura perché non vuole valutare le conseguenze. Anche quello è un modo per non affrontarle. In fondo l’incosciente è quello che non ha coraggio di affrontare la paure e quindi fa finta che non esistano.
Ma il coraggio vero è un altro.
E’ il coraggio di chi sa, non di chi ignora. E’ il coraggio di chi affronta i pirati. Ma oramai già lo sai dai pirati, cosa ti puoi aspettare…
Paurosa e incosciente, dolce e testarda, ti porterò sempre nel cuore, amica mia.