Per i miei 50 anni

Se volessi scrivere la mia vita in un libro, mi piacerebbe che alla fine somigliasse ad una commedia di Wodehouse. Se dovessi colorarla, sicuramente la farei tutta biancoceleste. Se ci potessi mettere una musica di sottofondo, probabilmente sceglierei i Genesis. E se avesse uno scopo, sarebbe quello di fare felici le persone che amo.

A cinque anni. Ero un bimbo felice. Ero coccolato da una tribù di cugini e avevo un fratellino da coccolare. E una palla da rincorre in giardino, immaginando che sarei diventato un gran calciatore. Ero già stato alla stadio una volta e ovviamente ero già della Lazio!

A dieci anni. Era già iniziata la collezione di Tex, avevo tanti soldatini ed ero un drago a Subbuteo. Ero già un filosofo e avevo già incontrato l’amore della mia vita: ma ancora non sapevo nessuna di queste due cose! Ero abbonato in Tribuna Tevere non numerata e avevo visto la mia Lazio in cima al mondo.

A quindici anni. Giocavo a pallone in media 4 volte al giorno, anche se cominciavo a capire che qualcosa di più bello del calcio poteva anche esserci. Sapevo di greco e di latino più di quanto avrei mai saputo in vita mia, ascoltavo i Genesis, i Pink Floyd e i Supertramp fino allo stordimento. Allo stadio in curva nord facevo gli stessi cori che si facevano ai comizi in Piazza del popolo. Ma a quell’età sono sfumature che ti sembrano ininfluenti.

A vent’anni. Avevo scoperto di essere un filosofo e incontrato l’amore della mia vita. Avevo in mente un sacco di idee, di capelli e tanti amici: nuovi, vecchi, appena arrivati e tornati dopo tanto tempo. Fra i gruppi troskysti nelle assemblee a Villa Mirafiori, scoprii di essere molto meno di destra di quanto avessi mai pensato. La Lazio c’è sempre, ma un po’ in secondo piano.

A venticinque anni. Perdi un amico e anche quello ti fa capire che la filosofia è bella, ma la vita è ancora più bella. Mai dire mai a questo mondo. E da filosofo sono diventato un impiegato modello. I consumatori si affacciano nella mia vita, scopro che la montagna è un posto meraviglioso e un inglese pazzo mi fa un’altra volta innamorare della Lazio.

A trent’anni. Tempo di primi bilanci. Mi sono sposato, ho fatto in tempo a vedere le Torri Gemelle, ho percorso le strade polverose dell’Arizona, sono sempre appresso ai consumatori ed è arrivato il nostro primogenito peloso. Quando penso di essere diventato grande mi accorgo che ancora aspetto con ansia l’uscita mensile di Tex e che la cosa che mi fa più perdere la calma è seguire una partita di calcio. No, decisamente non sono ancora cresciuto.

A trentacinque anni. Sono arrivati i miei due gioielli, la cosa più bella che abbia mai combinato nella vita, dopo quella di aver sposato Ale. Ho lasciato la Telecom e sono arrivato alle Poste, la Lazio ha perso uno scudetto probabile e ne ha vinto uno impossibile, insieme a tante di quelle coppe, quante mai ne avevamo viste dalle nostre parti. Ho pubblicato anche i miei racconti e da lassù penso proprio che la mia mamma sia contenta per me.

A quarantanni. Mi è cresciuta un po’ di pancetta, ho qualche capello in meno, però in compenso sono tornato a vivere a Montesacro. La cosa più difficile è stato trovare posto ai 550 Tex, ma anche stavolta ce l’ho fatta. Non sono più abbonato allo stadio, in compenso urlo davanti alla Tv satellitare e non è mica un gran miglioramento. Ah, tra l’altro sono anche diventato dirigente…le Poste sono cadute proprio in basso.

A cinquantanni. Come novità c’è una meravigliosa cagnetta e una casa nel paese più bello dell’appennino abruzzese. Una figlia maggiorenne ed un figlio molto più bravo di me a calcio (e non solo in quello). Ora la domenica non è più solo la Lazio a farmi palpitare. Caduta dei capelli e aumento della circonferenza sembrano ormai essersi attestati. In compenso ho affrontato il Ciciarampa e ho provato per la prima volta gli oppiacei: non male, se non fossi stato in ospedale con una gamba rotta. Ah, nel frattempo ho anche capito che Milano poi, alla fin fine, non è poi così male.

In conclusione di questo breve resoconto se mi guardo indietro posso dire tranquillamente di non aver rimpianti. Forse avrei potuto avere più amici, ma certo non più amiche di quante ne ho. Avrei potuto avere più figli, ma certamente non ne avrei potuti avere più meravigliosi di così. Non credo che avrei potuto fare più soldi: comunque essere comunista è un lusso che ancora non mi posso permettere. Probabilmente avrei potuto scrivere racconti più divertenti, ma certo non mi sarei potuto divertire di più a scriverne. Sicuramente avrei potuto tifare per una squadra più vincente, ma allora non mi avrebbe somigliato così tanto.

Insomma, avrei potuto fare cose diverse e sarei potuto essere una persona differente. Ma dico grazie a Dio che sia andata com’è andata: non avrei potuto essere più fortunato di così, perché ho amato e sono stato amato più di quanto sarebbe stato lecito sperare e logico immaginare. La vita è un’avventura meravigliosa. Almeno finché ci sarà un nuovo numero di Tex da leggere ogni mese!

 

bonelli_tex