Sì, sciare

“…evitando le curve più dure, senza per questo cadere nelle tue paure, gentilmente, senza strappi, con amore. Dolcemente sciare, rallentando per poi accelerare, con un ritmo fluente di vita nel cuore

Chissà se Lucio sapeva sciare: le discese ardite e poi le risalite mi farebbero pensare di sì, ma chi lo sa. Ma poi cosa importa? Se lo sapeva fare o se l’era solo immaginato, in ogni caso penso che le sue canzoni siano la colonna sonora ideale mentre sei sugli sci (non solo sugli sci, ovviamente, io lo ascolterei ovunque ed in qualsiasi situazioni, come avrete intuito se frequentate questo blog).

La cosa bella dello sciare è che non si perde nulla. Come una costruzione del lego, ogni passo avanti è un mattoncino in più, che puoi lasciare lì anche per anni: quando rimetti gli sci, ricominci esattamente dove avevi lasciato e aggiungi un mattoncino in più. L’inglese se non lo eserciti lo dimentichi. Così anche il pianoforte, se smetti di suonare le mani non rispondono più ai comandi. Non parliamo di altri sport: quando non ti alleni perdi pian piano tutto quello che eri riuscito a raggiungere. Per lo sci non è così.

Io imparai con le settimane bianche della scuola, quarant’anni fa. Per qualche anno ho continuato a sciare, senza diventare un campione, ma comunque riuscendo a scendere in quasi tutte le piste. La mia dolce metà non aveva la mia stessa passione e quindi, pur avendo una casa in montagna, per anni non ho più sciato. Anche i figli sembravano non essere interessati, finché lo scorso anno, mia figlia mi propose di rimettere gli sci: “dopo trent’anni? Ma non sarà un azzardo?” Invece, vinta qualche paura, ci ho riprovato e dopo mezz’ora sapevo scendere esattamente come trent’anni prima. Anche quest’anno, sfruttando la già citata casetta, abbiamo rifatto una settimana bianca e oggi posso dire che non ho mai sciato così bene, perché appunto, a quello che sapevo fare allora, ho aggiunto altri due mattoncini.

Per questo mi sembra che lo sci possa essere una bella metafora. Per sciare bisogna vincere la paura, bisogna avere equilibrio, ma bisogna sapersi buttare. Bisogna bilanciare il peso, senza mai esagerare da una parte o dall’altra. Si può correre a per di fiato o si può scendere dolcemente, si può andare da soli, ma trovare qualcuno che abbia il tuo stesso passo è molto più bello. Bisogna stare ben saldi attaccati al terreno, ma con lo sguardo rivolto in avanti. Soprattutto, le esperienze accumulate non si disperdono col tempo, ma fanno parte di noi: i successi, le cadute, quello che abbiamo faticosamente imparato, è il nostro bagaglio, siamo noi, è la nostra vita. Ah, ma perché, pensavate che stessi continuando a parlare solamente di sci?

Imparando a volare

Non siamo nati per questo, ma fin dalla nascita lo sappiamo fare. E questa la cosa strana: forse dobbiamo solo ricordarcelo, forse l’abbiamo imparato in una vita precedente e non ce ne rendiamo conto. Quindi forse non abbiamo bisogn o di qualcuno che ce lo insegna, ma di qualcuno che ce lo ricordi.

Siamo esseri terreni, radicati al suolo come alberi, ma c’è quest’attrazione fatale che ci porta ad andare al di là, che non ci dà tregua, che ci spinge in maniera irresistibile, che ci porta a vincere le paure, che ci fa essere leggeri. La felicità è leggerezza, è saper stare a galla, senza affondare nei pensieri gravosi, anche là dove la ragione vorrebbe tirarci giù, risvegliando le nostre paure. E infatti è la paura ciò che ci rende pesanti. E’ lei che non ci fa sognare oltre, che ci sussurra in un orecchio “non ce la puoi fare, non è cosa per te”.

E così quando la mia amica Elena mi ha detto che c’era questo istruttore così bravo che riusciva a insegnare anche i bambini diversamente abili ho detto “ci voglio provare!”. Non sono più un bambino, ma in compenso sono diversissimamente abile. Direi che difficilmente ci può essere uno meno abile di me. A cinquantun’anni suonati voglio imparare anche io. Oppure voglio ricordarmi come si fa.

Non c’è sensazione
che si possa confrontare con questa
Animazione sospesa, uno stato d’estasi
Non riesco a distogliere il pensiero
dai cieli che girano in tondo
Muto per la paura e agitato
Solo un disadattato essere terreno, io.