Il genio della lampada

Diffidate di chi ama tutti. Una persona veramente perbene deve avere almeno 10 persone che gli stanno sul cazzo. 

No, tranquilli, non è l’ennesimo post sulle 10 cose (anche se…un post sulle 10 persone che mi stanno sul cazzo mica sarebbe male). No, stasera faccio la persona seria (disse quello che aveva un boccale di birra nell’immagine del profilo…). Partiamo dalla prima affermazione. E’ possibile amare tutti? Cristianamente parlando, chi è questo benedetto prossimo che dovremmo amare come noi stessi?

Francamente non penso si possa amare tutti. Io penso che il prossimo siano, banalmente, quelli che ci capitano a portata di mano. A portata di naso, di orecchie, di occhi. Non possiamo salvare il mondo. Pur nella mia infinita presunzione devo ammettere che no, non ce la posso fare. Ma quelli che mi stanno intorno, quelli che Dio o chi per lui ha messo sulla mia strada, almeno quelli, certo che posso. O almeno ci posso provare. Pagando eventualmente lo scotto della sconfitta, laddove il risultato non sia poi quello sperato.

Io penso che bisogna imparare dagli errori, anche se è la cosa più difficile del mondo. Senza cercare alibi o giustificazioni, senza scuse. Anche perché come dicevo qui https://giacani.wordpress.com/2014/05/16/con-le-migliori-intenzioni/, non frega una beneamata ceppa a nessuno delle intenzioni con cui fai le cose. I risultati sono importanti. Se hai fatto bene o se hai fatto una cagata. Questo importa.

Quindi penso, anzi, mi impegno ogni giorno, per cercare di far bene e soprattutto di essere attento a quello che capita intorno a me. Penso che, come dicevo sopra, il mondo no, ma chi sta intorno a me, chi è vicino al mio cuore, debba avere il meglio e io devo fare di tutto per fargli avere il meglio. Soffro della sindrome del genio della lampada: fare felici gli altri (non tutti, quelli più prossimi, come dicevo sopra) credo sia l’unica vera ragione per essere al mondo.

Infine, penso che a volte bisogna fare un passo indietro. Pur nella già citata smisurata presunzione penso che a  volte basta chiedere scusa e poi starsene in silenzio. Perché c’è sempre il pericolo di voler fare i protagonisti anche nelle situazioni in cui sarebbe meglio fare i comprimari, anzi sarebbe meglio proprio lasciare la scena ad altri.

Con i se e con i ma

Mentre tu sei l’assurdo in persona e ti vedi già vecchio e cadente raccontare a tutta la gente del tuo falso incidente

Tornando a casa per radio riascoltavo questa canzone… E sarà stata la giornata devastante appena trascorsa, sarà stata la fila sulla tangenziale, il caldo, la Lazio che non compra nessuno, sta di fatto che ad un certo punto mi sembrava che il buon Edoardo ce l’avesse proprio con me.

E mi chiedevo: quale sarà il mio falso incidente da raccontare ai nipoti? Quale sarà la grande bugia che avrò ripetuto tante e tante volte da finire per crederci? Cosa mi inventerò per spiegare ai miei eredi del perché il loro nonno non è diventato, che so, un  calciatore di serie A, una celebre autorità, oppure un personaggio di successo? Noi aspiranti scrittori poi siamo naturalmente portati a questo. Magari dando la colpa (perché quasi sempre è colpa di qualcuno che ha provocato l’incidente) a qualche editore incompetente!

Alla fin fine, ha ragione Bennato. Ognuno di noi rischia di perdersi nei sentieri interrotti dei Se e dei Ma. Perché in fondo, ognuno di noi ha bisogno di comode e rassicuranti scuse, per giustificare – prima di tutto a se stesso – i propri fallimenti. O meglio, più che i fallimenti (lì almeno puoi dire di averci provato), tutte le occasioni che non abbiamo colto, le volte in cui non ci siamo nemmeno messi in gioco.

Per paura? Forse. Per pigrizia, soprattutto. Almeno per quanto mi riguarda. E chi sa se i miei nipoti ci crederanno! Chissà se riuscirò a convincerli che se non ci fosse stato quell’impedimento se non avessi avuto quell’imprevisto se non ci fosse stata la guera (rigorosamente con un erre sola!) se non fossi arrivato troppo presto, se non avessi fatto troppo tardi. A quest’ora…Chissà…

Chissà se con l’età avrò imparato almeno a dire bene le bugie!

Un giorno credi di essere giusto e di essere un grande uomo in un altro ti svegli e devi cominciare da zero

25 anni fa

Tante cose sono cambiate. Non c’erano i cellulari, non c’era internet. Il futuro era una pagina bianca tutto da scrivere. Tante cose sono le stesse. La buona musica, le montagne.

Ma anche il dolore e le domande, la rabbia e i rimorsi. I ricordi si confondono e si rimescolano disordinatamente i dettagli. Ma resta l’essenziale. Noi siamo cambiati. Noi siamo gli stessi.

Mi manchi come allora. Non capisco, come allora. Ti voglio bene, come allora. Non ci sei più, ma ci sei sempre stato. E ci sarai sempre.

Amico fraterno. Sei qui con me, quando ascolto il rock,  quando cammino in alto. Quando mi entusiasmo per qualcosa, quando mi indigno e quando mi commuovo. Nei sogni e nei progetti, nelle delusioni e nei fallimenti.

25 anni però non sono passati invano. Almeno oggi riesco a scriverne.