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Quando la tempesta sarà finita

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Rompersi un osso è – lapalissianamente – un’esperienza traumatica.

Già quando era appena successo, sotto i fumi della morfina, avevo buttato giù qualche considerazione che andava al di là del mero fatto fisico (se ve l’eravate persi, esattamente qui). Perché in effetti la rottura ha in sé dei significati che vanno al di là, che metaforicamente alludono a situazioni diverse.

Quando qualcosa si rompe, rimani sempre senza parole. Fino a quel momento ci contavi, pensavi di poterci fare affidamento. Lo davi per scontato. Per questo può succedere che tu abbia esagerato, che anche involontariamente l’abbia caricato di troppi pesi, troppe responsabilità. In questi casi la rottura è preceduta da qualche scricchiolio, da qualche segnale di insofferenza. Che dovresti essere bravo a cogliere (se solo fossi meno distratto da tutto il resto, se solo fossi capace di concentrarti su quello che il mondo ti vuole dire).

Altre volte invece la rottura avviene in modo del tutto inaspettato. Senza alcun avviso. Dal tuo punto di vista anche senza alcuna ragione. Ma chi l’ha detto che ci debba sempre essere una ragione? In ogni caso sei lì, perso in tutt’altri pensieri, e lui si rompe. A quel punto è chiaro che forse la tua fiducia era stata mal riposta e sarai costretto a rivedere qualcosa. La miglior cosa di una giornata sbagliata è sapere che non sarà passata invano. Sapere che quando sarà finita tu avrai un giorno in più, non sarai più lo stesso e soprattutto ne avrai preso coscienza. Da domani saprai meglio su chi e su cosa contare.

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Stima, affetto e una specie di analisi chimica dei sentimenti

Si può apprezzare una persona senza volerle bene? E si può voler bene ad una persona senza apprezzarla?

Così ci interrogavamo l’altro giorno con I., che come già sapete (https://giacani.wordpress.com/2014/01/05/i-il-rubinetto-della-doccia-e-la-domanda-kantiana/tp://)  ha l’indubbio merito di costringermi a vincere la pigrizia e a mettere momentaneamente da parte la minchioneria, per farmi diventare una persona seria. Alla prima domanda è facile rispondere sì. Stimare professionalmente qualcuno e magari detestarlo non è poi così raro. Anzi, c’è anche il detto, vizi privati e pubbliche virtù. A volte quelle caratteristiche che da un punto di vista professionale ci fanno apprezzare qualcuno, si portano quasi automaticamente appresso degli aspetti, delle particolarità che contrastano profondamente con il nostro sentire. E questo ci porta a dare giudizi completamente differenti, a volte contrastanti su determinate persone.

Anche alla seconda domanda è facile rispondere di sì. Capita con i familiari, che, come si sa, ci ritroviamo e certamente non ci possiamo scegliere. Capita anche con gli amici. Che effettivamente di solito ci scegliamo. Magari però quando li scegliemmo erano diversi da oggi: magari continuiamo a voler bene, però certo il giudizio su di loro nel tempo può cambiare, anche radicalmente.

Con le amicizie “adulte” è più difficile. “Da grandi” per voler bene a qualcuno penso sia quasi indispensabile stimarlo: bisogna condividere con lui un orizzonte ideale, dei valori, dei punti di vista comuni . Sarà anche per questo che però è così difficile e così raro che si riesca ad allacciare legami profondi? La realtà è che si diventa più esigenti. E d’altra parte non si ha quel vissuto insieme, quelle esperienze, spesso fatte negli anni più belli, che ti fanno passare sopra a tante cose, che ti fanno chiudere un occhio e a volte anche due, perché “lei (o lui) è fatto così, lo sai, è inutile incazzarsi, non cambierà mai…

Però quando accade che si riesce a trovare un comune sentire, quando la stima si intreccia anche ad un legame affettivo, se pensi sia talmente bravo che potrebbe fare la prima ballerina per radio e allo stesso tempo le vuoi così bene che la apprezzeresti anche come soprano in un film muto, per bacco! Allora sì! E’ difficile, ma può succedere. E di solito succede in modo del tutto accidentale, come dice Bach, “nel più importante dei modi. Per caso“.

E allora magari le vuoi così bene ed insieme la stimi così tanto che arrivi anche a sognare che ha i piedi più lunghi di quelli che ha.