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La ballata dell’uomo gomma

“Mamma c’ha il cuore debole ma la voce di tuono, Mamma c’ha il cuore debole ma la voce di tuono. Ci guarda col megafono dall’ultimo piano. Promette un castigo, minaccia un perdono”

Probabilmente ha dei ricordi sfumati, annegati in un litro di frustrazioni, tre quarti di dispiaceri e mezzo di paure. Era ubriaco di ansie fin da piccolo e non si è più ripreso. E’ così, è sempre stato così. Più grasso del dovuto, meno amato del consentito. Lo chiamavano Gommolo, perché ha la faccia morbida e tonda, proprio come una gomma da cancellare. Una carezza mancata, un bacio non dato, l’assenza che riempe ogni tempo, ogni spazio, deborda sopra ogni presenza e ti lascia senza fiato, come fossi sott’acqua.

Sott’acqua Gommolo chiude gli occhi e sogna. E poi sogna anche ad occhi aperti. La maestra dice che ha molta fantasia e anche se dice bugie, se nega l’evidenza, è segno di intelligenza, non bisogna reprimerlo, povera creatura. E lui continua, ci prende gusto, affina la tecnica. Se la realtà è brutta, se il mondo è cattivo, se non c’è possibilità di cambiarlo, se è troppo faticoso cambiarlo, perché non inventarne uno nuovo? Se puoi raccontarlo diventa vero. Se ci credi veramente allora esiste sul serio. Se ci credi fino in fondo ci crederanno anche loro, anche gli altri, tutti gli altri.

Gommolo studia, diventa il più bravo, puoi chiedergli ogni cosa, lui sa tutto. E poi fa girare le voci, racconta storie, diffonde leggende. Come una gomma su un foglio, quello è il suo modo di cancellare la realtà. E crearne una nuova.

Lui vuole bene a tutti, è buono, è simpatico, è disponibile. Vuole essere amico di tutti, farà quello che vuoi, perché vuole che anche tu gli voglia bene. Stai attento però! L’importante è non svelare le sue bugie. Perché allora diventa cattivo, più cattivo di tutti. Lui è come l’uomo ragno. Nessuno deve togliergli la maschera.

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Chi fa la storia (ovvero il teorema del quindicidodici)

Tra bufalo e locomotiva la differenza salta agli occhi. La locomotiva ha la strada segnata,  il bufalo può scartare di lato e cadere. Questo decise la sorte del bufalo, l’avvenire dei miei baffi e il mio mestiere.

Qualcuno mi chiama Destino, qualcuno mi chiama Provvidenza, qualcun altro mi chiama Caso. Qualcuno è convinto che io esista, che abbia un disegno preciso, uno spartito già scritto, più o meno ragionevole, più o meno sensato. Altri invece pensano esattamente il contrario, pensano che non ci sia alcun nesso causale fra le cose o comunque, se anche ci fosse, sarebbe totalmente arbitrario e senza alcuna ragionevolezza.

Difficile dire chi ha ragione. Ci sono buoni motivi per l’una o l’altra tesi. Una cosa però è certa, anzi più d’una. Io non sono reale, però sono ciò che rende reale la realtà. Non sono possibile, ma sono la condizione di possibilità delle cose. Non sono necessario, ma necessariamente tutto il possibile che diventa reale, passa da me.

Sono l’insieme delle cause. Perché a ritroso, da ciò che è successo puoi risalire a ciò che ha fatto sì che succedesse. Sono l’insieme delle circostanze, tutti i fattori, i più diversi, i più lontani e apparentemente slegati fra loro, che hanno concorso a far sì che quella cosa si realizzasse in quel momento, in quel luogo, in quella maniera. Sono l’insieme delle coincidenze. Perché se solo uno degli elementi costituivi fosse venuto a mancare, se solo uno dei tasselli non si fosse armoniosamente incastrato con gli altri, il disegno complessivo non si sarebbe realizzato.

Metti due numeri che magicamente si ripetono e si rincorrono nella tua vita: 15 e 12. Sono un caso? Una coincidenza? C’è un motivo dietro tutto ciò? C’è una necessità? Un piano complessivo? Un’intelligenza? Sta di fatto che le singole cause, o circostanze o se preferite, coincidenze del flusso degli eventi hanno preso una svolta. Hanno escluso tutte le altre e ne hanno scelta una. E così la storia è andata in un modo, piuttosto che in un altro. Ma che sia stato il Caso o la Provvidenza, il Destino o la semplice casualità, la storia la scriviamo noi. E poco importa se come protagonisti o come comprimari. Seguendo le coincidenze oppure facendo finta che non esistano. Noi. Sempre noi.

Ma allora vorresti dirmi che tu credi nelle coincidenze? Certo, almeno finché loro continueranno a credere in me.

https://www.youtube.com/watch?v=wNsgvraWH14

 

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La storia siamo noi

“Nessuno si senta escluso”

Leggendo i commenti all’ultimo post mi accorgo che effettivamente c’è un qualcosa ancora di non detto. La nostra parte nella Storia – non a caso scritta così – può essere più o meno rilevante. Possiamo essere comprimari o protagonisti, possiamo rubare la scena per un po’ o rimanere sempre sullo sfondo, ma niente e nessuno può eliminare il dato di fatto che noi ne facciamo parte.

Per questo mentre i grandi protagonisti decidevano i destini loro, nostri e di tutto il cucuzzaro, noi eravamo lì a svolgere il filo delle nostre storie. Senza dubbio poco appariscenti, frivole, con effetti impercettibili per altri, ma noi c’eravamo, con la nostra vita da vivere, con i dolori e le gioie, le noie e gli entusiasmi. Con quel pezzetto di storia che un domani possiamo raccontare o semplicemente ricordare mentre ripensiamo alla Storia più ampia. E per noi quel pezzetto è fondamentale!

Perché in fondo, come già ho raccontato altrove, è vero come disse un mio saggio amico, che la storia del mondo va avanti grazie alle singole storie degli uomini. E per questo, volenti o nolenti, grandi o piccoli, il nostro piccolo pezzetto, come fosse una tessera di un puzzle, sta lì e guardando l’insieme, non poteva non esserci. Può essere bello o brutto, ma visto a ritroso non possiamo non ammettere che quello è il suo posto e nessun altro avrebbe potuto prenderlo.

Poi certo possiamo divertirci a immaginare ciò che sarebbe potuto essere, nella Storia come nella nostra storia: se Baggio avesse segnato quel rigore, se le Brigate Rosse avessero avuto un sussulto di lucidità, se Kennedy non fosse andato a Dallas, se un cecchino qualunque avesse fatto fuori Osama. E se invece io quel giorno, se invece avessi detto, se forse fossi andato, se lei avesse…Ma  come dicono anche i proverbi, la storia non si fa con i se e con i ma. Poteva andare diversamente? Poteva avere altri sviluppi? Certo che sì. Ma è andata così e ora che il quadro è completato ed ogni tessera del puzzle ha il suo posto ben preciso possiamo dire di esserci stato.

Ma c’è un’altra considerazione collegata a questa. Il bello infatti è che questo quadro non è ancora finito. Che le tessere del puzzle possono ancora essere aggiunte. Non possiamo cambiare nulla della Storia e della storia. Ma la Storia e la storia da oggi in avanti dipende anche da noi.

Spesso ci facciamo trascinare dagli eventi, da quella catena infinita di cause ed effetti: noi che abbiamo la possibilità di scegliere praticamente qualsiasi cosa, che possiamo decidere di essere o di diventare qualsiasi cosa, spesso ci lasciamo condizionare dalla successione delle cose. Ma non è così, non è così! Se non è ancora successo, allora possiamo cambiarlo! Quello che avevamo deciso, quello che avevamo scelto, quello per cui avevamo lottato, ci eravamo impegnati, avevamo speso tempo e fatica. Ma anche quello che altri avevano deciso per noi, quello che le circostanze sembravano imporci, quello che il buon senso ci portava a scegliere. Tutto, tutto! Questo è il bello della Storia. E della nostra storia. Non esistono registi occulti, siamo noi i responsabili di quello che succede.

E così può anche darsi che sbagliamo. Può anche darsi che abbiamo torto ed è possibile che in questo modo stiamo commettendo il più grande sbaglio della nostra vita. Sicuramente però abbiamo ragione nel nostro diritto di avere torto. Nel nostro diritto di scegliere di cambiare. Perché se non è ancora successo, possiamo ancora cambiarlo.

Al di là di ogni considerazione politica, questo secondo me significa credere ancora oggi, che una rivoluzione è possibile.

http://www.youtube.com/watch?v=xMXi9ftO4kI

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V.M. 18 anni

“Chino, su un lungo e familiar bicchier di vino 
partito per un viaggio amico e arzillo 
già brillo. Certo, perché io non gioco mai a viso aperto 
tremendo il mio rapporto con il sesso, che fesso!”

In questo post si parlerà di sesso. Oh, finalmente, dirà qualcuno! Vi interessa? Facciamo un rapido test. Se uno vi dice che ha un appuntamento al reparto di trombofilia vi compare improvvisamente un sorriso un po’ ebete sul volto? Allora proseguite nella lettura. Altrimenti passate oltre.

Entrare a far parte di una blog community, mio malgrado o forse, come direbbe Scaiola, a mia insaputa, ha dei riflessi davvero divertenti. Dicevo mio malgrado perché come ho già scritto in precedenza, nella mia crassa ignoranza di web, aprendo un blog pensavo che avrei scritto. Non che avrei letto! Non avevo dunque la minima idea che invece aprire un blog sarebbe stato come un biglietto di invito ad una festa di liceali. Quelle feste in cui arrivi, non conosci nessuno, ti imbuchi, prendi un bicchiere e ti butti nella mischia. Si incontrano davvero soggetti strani, personaggi nati dalla fantasia malata dei propri autori, supereroi con e senza calzamaglia, visionari, poeti, santi e navigatori. E come appunto nelle feste liceali, cominci ad andare in giro e a scambiare quattro chiacchiere con questo o con quello. Fra tutte le cose, debbo ammetterlo, quella che più mi ha sorpreso è quanta gente e con quanta perizia, parla di sesso. Ora, va be’, non è che non se ne parli al di fuori dei blog, ma qui ho trovato una concentrazione davvero singolare. Soprattutto, la cosa più singolare, è il fatto che ne parlino le donne. Per carità, si parla anche d’altro, ovviamente, però insomma l’argomento è senza dubbio molto gettonato.

E invece qualcuno/a mi ha fatto notare che nel mio blog, al contrario, se ne parla molto poco. Come mai? C’hai qualche problema? Un blocco psicologico? Un’esperienza negativa da piccolo?

Non lo so. Non so proprio perché non mi viene da parlarne. O forse  sì che lo so. Perché, devo ammettere, io non sono fra quelli che quando ascoltano De Gregori cantare “ora le tue labbra puoi spedirle a un indirizzo nuovo” pensano che in realtà stia facendo un ermetico elogio del Cunnilingus. Né, ad esempio, ho mai pensato che Battisti, cantando “e tu amica cara mi consoli perché ci ritroviamo sempre soli”, vaticinava trent’anni prima la figura del trombamico.

Secondo me è questo il problema. Diciamola tutta. So antico! Ai miei tempi, soprattutto con le ragazze, non si parlava di sesso. Per fortuna non avevamo i bimbiminkia, ma nemmeno appunto i trombamici. Ce le avevamo le amiche, certo. Ma se erano amiche, non solo non ci facevamo sesso, ma neanche  se ne parlava. Noi eravamo quelli su cui venire a piangere quando lui faceva l’infame. L’orecchio disponibile per le lunghe filippiche su quanto la vita fosse ingrata, su quanto nessuno le capisse. Con le più intime potevamo parlare di calcio o ruttare a bocca aperta. Ma sesso nisba. Perché ovviamente, almeno ai miei tempi, alle donne piacevano gli stronzi. Non ho mai capito bene come e perché si sviluppasse questa strana forma di masochismo. Ma insomma, era così. Un dato di fatto. Avendo la possibilità di scegliere fra l’amico fidato e disponibile e il criminale conosciuto in uno sordido pub, lei decideva immancabilmente per il secondo. E quindi o eri stronzo o eri l’amico. E all’amico non gliela davano. Mai! Se avevi la ragazza era diverso (mica sempre, anzi, di solito non te la davano lo stesso). In ogni caso avere una trombamica non esisteva neanche nelle nostre fantasie più sfrenate. Negli anni 80 avere una trombamica sarebbe stato meno probabile di uno scudetto della Lazio.

E quindi, vi posso assicurare, con le amiche non si parlava di sesso. Di sesso si parlava fra noi maschi. Spesso. Anzi, direi molto spesso. L’argomento era probabilmente inversamente proporzionale a quanto lo si faceva. E noi che ne parlavamo assai, andavamo inconsapevolmente d’accordo con Woody Allen, che dice che “il sesso è come giocare a carte: se non hai un buon partner, spera almeno in una buona mano”. Ecco quindi che le uniche amiche con cui si parlava (!) di sesso erano Federica la mano amica e le sue varianti più o meno fantasiose: Adele la mano fedele, Alberta la mano esperta, Veronica la mano supersonica, Francesca la mano che ti rinfresca. Figure mitologiche, immancabilmente associate ad un ideale di donna legato alla purezza. Oddio a voler essere precisi, più che alla purezza, alla pulizia: la Fenech che si faceva la doccia nelle svariate versioni delle commedie di quegli anni. Ma con le amiche, quelle vere no.

Forse per questo a livello inconscio, m’è rimasto questo blocco dello scrittore. O forse è un argomento su cui ho poco da dire. Più probabilmente, lo ritengo un tema su cui sia meglio tacere. Un po’ come il calcio (che com’è noto è il più diffuso succedaneo al sesso): c’è chi ama star lì a parlarne, a vedere trasmissioni che discutono della rava e della fava di questo o quel giocatore e c’è chi invece preferisce solo correre appresso ad una palla (anche se magari, come il sottoscritto, non ne avrebbe più l’età!).

È per questo che posso ammettere che la frequentazione dei blog mi ha aperto nuove prospettive.

Concludendo questo post un po’ anomalo, scrittrici e scrittori più navigati di me in siffatte tematiche, solamente un dubbio mi resta: ma sul serio secondo voi, l’amica cara non lo consolava con una pacca sulla spalla e un bicchiere di amaro Montenegro?

 

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Santi, Poeti, Navigatori

Viva l’Italia, l’Italia del 12 dicembre,
l’Italia con le bandiere, l’Italia nuda come sempre,
l’Italia con gli occhi aperti nella notte triste,
viva l’Italia, l’Italia che resiste

Ma sì, dai in fondo ce la faremo anche stavolta. Nonostante un governo che non c’è, ma in fondo il Belgio sono anni che non ha un governo.

E sì, ce la faremo, nonostante Berlusconi. In fondo perché no, ce l’ha fatta  l’America con Nixon, Reagan e George Bush J.

Ce la faremo, nonostante  la mafia e la camorra. In fondo il Giappone c’ha la Yakuza.

Dai su ce la faremo, nonostante i giovani non trovano lavoro, ma anche all’estero mica è facile. In fondo si lamentano persino in Germania.

Ce la dobbiamo fare, anche se le adolescenti si prostituiscono e le madri, invece di vigilare, danno consigli e i padri invece di dare ceffoni danno i cellulari (alle amiche delle figlie). Ma perché in Francia non sono stati travolti da scandali sessuali e in Inghilterra non c’è la più alta percentuale di baby mamme?

Ce la faremo

Nonostante Paolini

Ecco

Paolini

Cazzo, Paolini ce l’abbiamo solo noi.

Paolini. Il disturbatore distributore di profilattici anti pedofilia che girava film pedopornografici. La metafora più azzeccata di questo Paese che sta sprofondando fra il ridicolo e il tragico. Perché come diceva Flaiano, da noi la situazione è sempre grave. Mai seria