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Classifiche dell’anno

E così, come ogni anno, questo è il periodo dei bilanci, di guardarsi indietro e fare una lista delle cose belle capitate nell’anno.

Cominciamo con i libri. Quest’anno ho letto più del solito: l’incidente prima, il riprendere la metropolitana poi, hanno alzato vertiginosamente la media annua. Ho letto davvero dei gran bei libri: molti di autori già frequentati come Lansdale, Mc Carthy, fra gli italiani Carofiglio e Piperno, però la mia classifica dei primi tre vede: al terzo posto di R. Mcliam Wilson “Eureka Street“, al secondo di P. Meier “Il Figlio“, al primo posto di J. Guenassia “La vita sognata di Ernesto G“. Tre libri che consiglio vivamente a tutti. Bellissimi!

Passiamo alla musica. A differenza dei libri non ci sono stati picchi eccelsi. A parte Somewhere under Wonderland dei Counting Crows (molto bello), stento a trovare Cd da ricordare. Coldplay e Kasabian non all’altezza dei precedenti, vecchi leoni tipo Jackson Browne o gli U2 abbastanza deludenti: forse l’unica altra bella conferma è Passenger (che ho visto anche dal vivo e ne è davvero valsa la pena), con Whispers. Fra gli italiani il trio Gazzé, Silvestri, Fabi, ma giusto per voler mettere qualcosa.

Passando agli eventi, di questo 2014, ricorderò senza dubbio il bel giro in Germania fatto a Pasqua. 3000 km in macchina su e giù con tutta la famiglia sono stati faticosi, ma divertenti. E a parte che ho scoperto di avere due Tamagochi al posto dei figli (fame, sonno, mi annoio, devo andare al bagno e poi si ricomincia, fame, sonno, ecc.), sicuramente è stata una bella vacanza.

Sul lavoro grandi cambiamenti. Non per me, almeno per il momento, ma senza dubbio, dopo 12 anni il cambio dei vertici aziendali ha portato una ventata di novità dopo tanto tempo. Vedremo cosa succederà nei mesi che verranno, ma certo la sensazione di essere ad un punto di svolta è abbastanza tangibile.

Dovendo scegliere una giornata da cancellare, ovviamente, dico l’11 settembre. Il mio undicisettembre! Il perone ha fatto crack e i due mesi successivi non sono stati niente di entusiasmante. Va be’ è passato, ci ho scritto in questo post e poi anche in quest’altro, è il caso di non rinvangare. Invece, se devo scegliere una sola giornata bella che sicuramente ricorderò, dico il 27 marzo. Ed è strano, perché in realtà quel giorno per me è il più brutto di tutti. 15 anni fa, proprio in quella data, se ne andava mia mamma. Ma quest’anno, contrariamente al solito, è stata invece una giornata inaspettatamente bella. Una giornata di lacrime, ma diverse dal solito, una giornata non ripiegata sula passato, anzi, al contrario, aperta sul futuro. Una giornata speciale, grazie ad una persona speciale, che ormai fa parte della mia vita.

In conclusione comunque un anno, che ricorderò con piacere. Ma ormai dovreste conoscermi, per me il bicchiere è sempre mezzo pieno…generalmente di qualcosa di alcolico. Perché come ho letto recentemente, l’ottimista è quello che guardando una foglia di mentuccia in automatico ci vede un bel mojito.

Buon Natale a tutti!

https://www.youtube.com/watch?v=Vx1gSZN9YzA

 

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I 10 luoghi comuni

Frasi fatte, luoghi comuni, modi di dire, pseudo proverbi. Come potremmo portare avanti una conversazione in ascensore con il vicino attaccabottoni? E in metropolitano con il collega molesto? Nella sala d’attesa del medico quando incontriamo un conoscente che ha voglia di parlare?

Sono cose banali, scontate, sentite e risentite, spesse volte spudoratamente false, però mi hanno sempre suscitato una strana attrazione. Perché sentiamo il bisogno di ripeterle? Quando le sento mi si accende subito una lampadina. Vorrei dire all’interlocutore, ma perché stai dicendo ‘sta stronzata? Probabilmente le tiriamo fuori quando non abbiamo proprio niente da dire. Oppure quando temiamo di dire cose sconvenienti e allora per non sbagliare ci rifugiamo nel già detto.

Ma io lo posso capire appunto da uno sconosciuto o da una conoscenza superficiale. Quando però le tirano fuori gli amici o comunque persone con cui ho un po’ più di confidenza, se sono in vena, la cosa più divertente del mondo è contraddire drasticamente: “il cane è più affettuoso del gatto? Ma quando mai! Gli scozzesi sono tirchi? Assolutamente no. Quella non è bella, però è un tipo? Sì, un tipo di scorfano, forse quello di scoglio.”

L’effetto disorientante dell’interlocutore è davvero spassoso. Ancora meglio (sempre che se ne abbia tempo e voglia) è insistere nella tesi contraria, tanto da portarlo a negare quello che aveva appena detto. “Il nuoto è uno sport completo, ma ci si raffredda spesso. E poi non stai all’aria aperta. E ti vengono le spalle troppo grandi. Quando smetti ingrassi sicuro. Rischi sempre che ti venga l’otite. E le infezioni che prendi con quell’acqua, chissà che ci sta dentro”. Lo so, quando mi ci metto sono un vero scassaminchioni!

E dunque, visto che tra l’altro le classifiche minchione mancavano da un po’, ho pensato di elencare quelle più eclatanti, quelle che nascondono un modo di pensare, un approccio alla vita o semplicemente alla relazione con l’altro, catalogandole per categorie.

Geografico. Venezia è bella, ma non ci vivrei. Perché dovresti viverci? Chi te l’ha chiesto? E hai pensato i veneziani come la prenderebbero?

Metereologico. Non ci sono più le mezze stagioni. Io ho 48 anni…avessi mai visto una mezza stagione! Dove sono finite, chi se l’è imbertate? Dai su, tiratele fuori!

NostalgicoNon ci sono più i sapori di una volta. Anche qui. Chi se li è presi? Ma soprattutto, siamo sicuri che a questo famoso ristorante “diunavolta” si mangiasse proprio così bene?

Bugiardo. Non è per soldi, ma per principio. Ecco, quando uno premette non è per questo, ma è per quest’altro, state sicuri che invece è proprio esattamente per quello. E per nient’altro!

Storico. Se Mussolini non entrava in guerra. Questa tipologia è fantastica, perché scatena le discussioni più minchione. E se i Babilonesi non avessero attaccato l’impero assiro? E se invece i Maya avessero respinto le truppe di Cortez?

Populista. I politici rubbano tutti. Rigorosamente con due b. Che poi se è un politico a dirlo si ritorna al paradosso di Epimenide su cui già vi ho intrattenuti. Quando però fai notare che in fondo li abbiamo votati noi, allora spesso ci si aggancia qualche altra perla di saggezza appartenente alla categoria successiva.

Fatalista. Nella vita nessuno ti regala niente. Che poi ‘sto signor Nessuno, da Polifemo in poi, ancora lo cercano. Perché poi dovrebbe regalarci qualcosa resta un mistero.

Etnologico. I cinesi sono tutti uguali. Anche qui ognuno ha la sua: quelli so tirchi, quegli altri mangiano patate, quelli guidano male, quegli altri non si lavano. E le olive? So’ greche.

Iperbolico. Qui una volta era tutta campagna. Questo è quello che adoro più di tutti. Un’affermazione assolutamente indimostrabile, legata a ricordi probabilmente inesistenti, ma soprattutto assolutamente priva si qualsiasi interesse per l’interlocutore.

TautologicoNei luoghi comuni c’è sempre un fondo di verità. Di quest’ultima categoria ne abbiamo avuto un fulgido esempio proprio qualche giorno fa. Il Censis (cioè, non il primo minchione che scrive su un blog) ci fa sapere che i gggiovani in Italia non vengono valorizzati. Me cojoni! E ci dovevate fare un’indagine sociologica sopra? Ma si sa, le tesi per convincere devono essere suffragate da prove. E allora che ti fa quel genio che dirige il Censis? Se ne va in pensione e lascia il posto al figlio! Ma non lo trovate straordinario? Perché in fondo è proprio vero che nei luoghi comuni c’è sempre un fondo di verità. E poi, volendo restare in tema, “ogni scarrafone è bello a mamma sua“. Ed evidentemente pure a papà.

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10 sgradevoli sensazioni

In effetti era un po’ che non vi intrattenevo con un bel post minchione sulle “dieci cose che”. E anche se già qui, vi avevo raccontato le cose che mi urtano i nervi, oggi parlo esclusivamente di sensazioni, al di là dei ragionamenti: la reazione causa effetto che alcune specifiche situazioni mi danno in automatico.

Cominciamo con l’apertura della porta della doccia. Premetto che io sono generalmente caloroso (la mia dolce metà dice che comincio ad avere le vampe dell’andropausa, ma in realtà il caldo non l’ho mai sopportato, anche quando ero più giovane e non mi scrociavo i peroni giocando a calcetto), ma l’ondata di freddo mentre sei nudo, bagnato e cerchi a tentoni l’accappatoio, è davvero molto sgradevole.

La pasta sciapa. Potevo dire il caffè amaro o la pasta scotta (o cruda), ma scelgo questa perché è veramente spiacevole. E soprattutto senza soluzione. Avete provato ad aggiungere il sale alla pasta dopo che l’avete scolata e condita? Bleah!

La puzza di sudore. Sì, lo so, questo già l’ho detto. Ma è davvero forse in assoluto la cosa più sgradevole che posso immaginare. Più di pestare la cacca di cane con le scarpe con il carrarmato?  Sì, peggio.

Mio padre che fa lo spiritoso. Del resto la minchioneria la dovevo pur aver ereditata da qualcuno. In particolare la situazione più sgradevole avviene nei negozi, dove lui cerca sempre di avere uno sconto e comincia ad inventarsi i motivi più improbabili per cui lui ne avrebbe avuto diritto. E così comincia ad improvvisare, sparando minchiate a casaccio. E si diverte un mondo! Quando ero più piccolo avrei voluto morire, così fulminato all’istante. Oggi alzo il sopracciglio, cercando la complicità del commesso e cerco di fargli capire la mia assoluta estraneità alla faccenda, manco fossi San Pietro al sinedrio prima che canti il gallo.

Le persone prive di senso dell’umorismo, che quindi non capiscono le battute e magari prendono per vere le minchiate che dico (anche se, debbo riconoscere, che in certe situazioni, questa sensazione può invece ribaltarsi e diventare molto, ma molto divertente!). Solitamente però la sensazione di aver detto una battuta fantastica e guardare il vuoto siderale negli occhi dell’interlocutore è molto deprimente.

Non essere capace ad aiutare gli altri. Già ho confessato altre volte di essere inguaribilmente afflitto dalla sindrome del genio della lampada: si dice pure che non tutte le ciambelle riescono col buco. Ma il senso di frustrazione quando non riesco ad avere la parola giusta, quando capisco quale sia il problema, ma capisco pure che la soluzione non c’è, è una cosa davvero insopportabile.

Il tinticarello alla gola. Uno con il fisico con il mio, da autentico lanciatore di coriandoli, è inutile dire che al primo alito di vento si ammala. Sono anche un bel po’ ipocondriaco, quindi ogni minimo doloretto mi fa subito scattare l’escalation al male incurabile. Ma la sensazione più sgradevole è quel leggero bruciore alla gola, quasi impercettibile, che so già il giorno dopo diventerà un raffreddore catastrofico. Raffreddore che solitamente inizia a metà ottobre e finisce a fine marzo. Un po’ peggio dell’ora solare.

Prevedere qualcosa di negativo prima che succeda che in effetti è il generale della situazione particolare precedente. E’ quella sensazione che hai ad esempio quando vedendo una partita capisci che gli altri stanno per segnare un goal alla tua squadra. Oppure (ricordo scolastico), quando quell’infamona della professoressa sta lì con quel suo ditino che scorre la lista dell’elenco e zac! Sai che si fermerà su di te. Poi magari gli altri si mangiano il goal, e l’infamona interroga il tuo vicino di elenco, ma quegli istanti che precedono il verdetto, sono tra le cose più sgradevoli che si possa provare.

Le situazioni incompiute, le storie irrisolte, le occasioni sprecate. Non sai se vuoi davvero sapere come si compirà quella situazione, non sai se vuoi davvero cogliere quell’occasione o se ti piacerà il finale di quella storia. Ma rimanere appesi è proprio brutto. Non sono del partito dell’occhio non vede, cuore non duole. No! E anche se non mi piace quel libro che sto leggendo, difficilmente lo lascerò a metà. Magari il finale mi sorprenderà.

Il particolare della situazione precedente sono i telefilm che finiscono sul più bello. Sei all’ultimo episodio della serie, l’hai seguita tutta, dall’inizio alla fine, sai già che passeranno mesi prima di vedere il seguito, ma speri comunque in un finale roboante, che chiarisca almeno le situazioni aperte. E quelli se ne escono con quei finali a pene di segugio che ti lasciano perplesso ed attonito , che ti chiedi…ma chi me l’ha fatto fare di vedere ‘sto polpettone senza né capo, né coda per tutto ‘sto tempo? In assoluto penso che Lost sia il prototipo di questa sensazione. Il fatto che abbia continuato a seguirlo per tutte e sette le serie, quando ero assolutamente certo che il finale dei finali sarebbe stata l’iperbole della supercazzola, dimostra alcune cose di me. Lo so, lo so, non tutte positive.

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Le mie 10 convinzioni

Effettivamente non sono poi molte le cose su cui possiamo essere certi.  Che la fila che ho scelto sarà quella più lenta, che la colpa è dell’arbitro e che il chiodo di garofano del ragù finirà nel mio piatto. Poche, ma abbastanza certe. E da questi dati di fatto ripetuti nel tempo che uno trae delle opinioni che poi si rafforzano. E da opinioni  diventano convinzioni, che pian piano prendono vita propria, diventano quasi autonome dalla realtà e anzi ci aiutano ad interpretarla. Non è detto che siano convinzioni scritte sul marmo. Però fino ad oggi, per questi primi 47 anni e spicci, queste 10 hanno funzionato. Domani chissà. Non mi innamoro delle mie idee e come scrivevo l’altro giorno, riconosco di non essere la persona più coerente di questo mondo, quindi magari tra un anno questo post lo scriverei in modo differente. Ma poi soprattutto…smetto quando voglio!

L’essere convinto che ogni volta bisogna chiedersi, “ma ne vale davvero la pena?”. Che poi dicono, se te lo chiedi è perché sai la risposta, ma siccome non ti piace, allora ti ripeti la domanda. Come se il ripetere la domanda riuscisse a far cambiare la risposta. Io in effetti me lo chiedo spesso: sia quando so che è così e devo insistere, sia quando so che invece sarebbe meglio evitare. Mi serve a capire a che punto sono, un po’ come quando ci si ferma per vedere quanto manca ad un determinato traguardo.

L’essere convinto che, comunque, in ogni caso…ma sì, dai! Altrimenti detto ottimismo della volontà. Non so bene come, non so neanche perché: la fortuna, lo stellone, il destino, la Provvidenza, i casi della vita. Ad ogni modo, se dovessi scommettere un euro, certamente lo scommetterei sempre sula fatto che sì, ce la faremo.

L’essere convinto che in effetti…ma anche no! Altrimenti detto pessimismo della ragione. Perché invece, se mi fermo a ragionare, allora no. Certo che no. Moriremo tutti. Anche perché il cielo prima o poi ci cadrà in testa. E su questo non ci piove (e se dovesse piovere, senza dubbio avremmo dimenticato l’ombrello).

L’essere convinto che tutti possano cambiare. Ma certo! chi vuoi che non impari dai proprio errori! Chi vuoi che persista sempre a fare i soliti sbagli? Come fai a pensare che le esperienze accumulate non servano a migliorarci, a progredire, a renderci più forti, più saggi, più maturi, più attenti a quello che succede intorno a noi? Ovviamente, se ci riescono gli altri, perché non dovrei farcela io? Se tutti gli altri si fanno furbi, che solo io rimango l’unico cojone? (ecco, questa forse è la convinzione di cui sono meno convinto!)

L’essere convinto che le vere soddisfazioni siano quelle che non si vedono. Quelle che non hanno prezzo, che non possono essere misurate. Quelle che magari nessuno coglie o che solo pochi sanno vedere. Quelle che non valgono nulla, che non ti portano in tasca una lira (ops, so antico!), quelle fatte tanto per fare, ma che proprio per questo hanno un gusto unico e un profumo inebriante.

L’essere convinto che “meglio rimorsi che rimpianti“. perché sempre meglio aver fatto una cosa in più che una cosa in meno. Sempre meglio rimproverarsi di aver fatto troppo che troppo poco. Meglio averci provato, aver fatto un disastro, piuttosto che  rinunciare. Meglio morire per coraggio, che per paura.

L’essere convinto che si possa scherzare su qualsiasi cosa. Non ci sono limiti, né tabù. E questo non perché la vita non sia una cosa seria. Al contrario. Ma per prendere la vita sul serio, bisogna imparare a riderne. Corollario di questa cosa è il fatto che non si possa essere permalosi. O almeno, certo che si può, sono circondato da persone permalose. Le capisco pure, ma non c’è nulla di più lontano dal mio modo di pensare.

Collegato a quello appena detto, l’essere convinto che bisogna, ascoltare tutti, ma decidere con la propria testa. Forse per questo non riesco ad essere permaloso. Non riesco a prendermela veramente per i giudizi altrui, perché poi, alla fine della fiera, quel che conta è quello che penso io. Il giudizio altrui, nel bene o nel male, va tenuto in considerazione, ma non può avere la parola definitiva.

L’essere convinto che “non m’annoio, io no che non m’annoio, non m’annoio“. In effetti la noia è una sensazione che mi è abbastanza estranea. Sarà che in fin dei conti amo stare in compagnia, ma comunque sto bene anche da solo. Sarà che c’è sempre qualche cosa da leggere (e da scrivere), qualche canzone da ascoltare, qualche vino da assaggiare. No, non c’ho tempo per annoiarmi. Resta semmai la paura di annoiare gli altri. Ma quello è un altro discorso.

L’essere convinto che “anche in una società più decente di questa, mi ritroverò sempre con una minoranza di persone” (cit). Ho molta fiducia nelle persone, tendo istintivamente a fidarmi e a pensare nell’altrui buona fede. Ma solamente nelle singole persone, perché invece qualsiasi tipo di maggioranza mi spaventa. O meglio, più che mi spaventa, mi rende estraneo. Per questo chiudo con questa immagine, che mi sembra sintetizzi bene il motivo di quest’ultima affermazione.

 

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Chiedimi se sono felice

Ormai sapete quanto mi piacciono le classifiche e tutti i post un po’ minchioni che elencano cose, anche un po’ arbitrariamente. Sapete pure che in questi ultimi tempi non è che le mie giornate siano così piene di impegni e così saltellando da un sito ad un altro mi è capitato questo articolo dell’Huffington Post in cui vengono elencate le 15 cose che le persone felici farebbero in maniera diversa dagli altri poveri mortali. E no, “trombare come ricci” non c’è (e già questo in effetti non depone molto a favore di questo articolo). Ma neanche, che so, saper scegliere il Gratta & Vinci vincente  oppure ubriacarsi senza avere poi mal di testa e senso di vomito. Secondo questo articolo i sintomi della felicità sarebbero ben altri. La felicità è una pistola fumante cantava John, (proprio lui, ironia della sorte): forse voleva dire che è pericoloso essere felici, o forse intendeva che la felicità colpisce nel segno, non lascia indifferenti. Se c’è si vede e forse è inutile star lì a cercarne le tracce.

Le persone felici sono consapevoli di ciò che le rende felici e di cosa no, e impostano la propria vita di conseguenza.

Che sarebbe un po’ come dire: è meglio andare in Ferrari decapottabile in una giornata di sole piuttosto che in un autobus affollato in un giorno di pioggia. Certo, sapere cosa rende felici è un primo passo importante, ma non è mica detta che il solo sapere cosa ci rende felici ce la fa anche essere. O no? (a me ‘sta cosa già me sembra una mezza stronzata)

Le persone felici imparano dai propri errori e dalle difficoltà che superano.

Mai più le mani sul fuoco, le dita nella presa della corrente, i concerti di musica classica quando si ha sonno e la frittata con le cipolle per cena. E poi? Basta questo per essere poi felici?

Le persone felici non badano a quello che gli altri pensano di loro.

Non ti curar di lor, ma guarda e passa. Sempre detto! Ad esempio, io e il mio amico Dario mica badavamo a quello che pensava di noi quella di fisica. A lui però lo seccò ed io mi salvai per miracolo. Naaaa, mica basta questo per essere felici.

Le persone felici sono grate per quello che hanno.

Sì, è probabile che le persone felici siano grate. Ma qui la felicità è lo scopo, il fine non l’inizio della storia. Allora chiediamoci, è vero anche il contrario? Tutte le persone grate sono felici?

Le persone felici non provano ad accontentare tutti.

Sarà per questo che non sono poi così felice? Ma poi va be’, mica vorrei accontentare tutti, tutti. La maggior parte però sì, dai!

Le persone felici non si preoccupano delle cose che sono al di fuori del proprio controllo.

Infatti. Ad esempio, che il cielo ci cada sulla testa, mica possiamo fermarlo. I Genesis non si rimetteranno più insieme ed è altamente improbabile che Lotito venda la Lazio a un miliardario sfacciatamente ricco. Lo so che sono cose fuori dal mio controllo. E allora com’è che non sono mica tanto felice lo stesso?

Le persone felici sanno come liberarsi dalla rabbia.

Da che se ne deduce che anche le persone felici si arrabbiano. Forse come le formiche, nel loro piccolo. Be’, dai almeno questa numero 7 è consolante.

Le persone felici sanno di non essere il centro dell’universo.

Va be’, proprio il centro no. Diciamo allora un quartiere residenziale ben collegato e pieno di verde?

Le persone felici non fanno le vittime.

Certo. Ma non fare le vittime son bravi tutti (o quasi): il problema è che a volte si diventa carnefici. E allora lì sì che nascono i problemi.

Le persone felici si circondano di persone positive.

Gran bei paraculi insomma, questi felicioni! E con gli amici sfigati che ne facciamo? Con quelli noiosi? Li buttiamo tutti al mare?

Le persone felici hanno uno stile di vita sano.

Niente sesso, droga e Rock’n roll? Sicuri, sicuri? Perché io, soprattutto dopo aver visto l’ultimo concerto dei Rolling Stones a giugno, qualche piccolo dubbio ce l’avrei.

Le persone felici non sono così ossessionate dal guadagno da dimenticarsi di vivere.

Certo “siamo una famiglia povera, ma onesta” e poi “il denaro non porta la felicità”. Figuriamoci la miseria.

Le persone felici non rimuginano sul passato.

Qui concordo. Infatti mica sto qui a rimuginare che ad esempio a giugno prossimo saranno trent’anni dalla maturità. I vent’anni di matrimonio quasi non li abbiamo festeggiati. E a maggio scorso i festeggiamenti per i quarant’anni dal primo scudetto della Lazio è stato giusto un caso. Ah dite che rimugino?

Le persone felici non perdono tempo a confrontarsi con le altre persone.

Insomma, sotto sotto, anche ‘sti felicetti so’ un po’ stronzi. E dai, ammettiamolo. Così allora so’ boni tutti!

Le persone felici sono propositive.

Ma per questo anche gli sfigati. Anche i scassaminchioni. Sono propositive le suocere impiccione, i colleghi d’ufficio troppo zelanti, i vicini di casa che ti dicono come e quando buttare la mondezza. No, la propositività non mi sembra di per sé un sintomo automatico di felicità, soprattutto per chi subisce queste proposte.

Alla fine del discorso penso che tutto sommato, non abbia poi tanto torto il caro vecchio Charlie Browne, quando in una famosa vignetta, si chiedeva…ma se provassimo tutti quanti ad essere felici, così, senza un motivo vero e proprio?

 

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Le 10 scene indimenticabili

Qualcuna delle mie esigentissime lettrici, mi faceva notare, neanche troppo sommessamente, che il blog negli ultimi tempi sta prendendo una piega un po’ troppo seriosa. Detto in altri termini, sta diventando più pesante di un piatto di peperoni ripieni con la cipolla. E dunque, cosa più di una bella classifica per ristabilire la leggerezza di questo luogo, ribadendo, laddove ce ne fosse ancora bisogno, il suo carattere autenticamente minchione?

In passato avete letto classifiche di facezie, di cose belle e cose brutte, di canzoni, di libri. Che manca? Una classifica dei film, direbbe qualcuno. Ma troppo facile! Invece, sempre per rimarcare quel carattere specifico di cui sopra, vi intrattengo sulle dieci scene di film che più mi sono piaciute, al di là del film in sé. Per il messaggio, per le implicazioni o solo per “come suonavano”. Ovviamente ne avrei volute mettere altre (manca il Marchese del Grillo, ad esempio, che di scena memorabili ne ha più d’una), ma queste secondo il mio insindacabile giudizio, sono quelle che vale la pena citare.

E cominciamo con un film che da solo forse potrebbe riempire questa classifica. Un capolavoro inarrivabile! Troppo facile citare il “could be worse, could be raining”. Piuttosto ne scelgo un’altra perché nella sua paradossalità indica esattamente come vanno le cose in questo mondo, dove ognuno vede solo quello che preferisce vedere. La realtà, in fin dei conti, è un punto di vista

Quest’altra la inserisco perché si presta a moltissime varianti. E infatti è una citazione che utilizzo (a sproposito, ovviamente) in tutti i contesti in cui c’è una sproporzione evidente fra una parte ed un’altra.

Il prossimo è un altro film pieno di scene e citazioni iperboliche. Sono stato molto indubbio fra “i nazisti dell’Illinois”, “siamo in missione per conto di Dio” e questa scena qui. Anche quelle altre fanno parte del mio olimpo culturale e chi mi conosce di più me le avrà sentite citare (sempre a sproposito), molto spesso. Comunque, alla fine ho scelto questa perché…perché come si fa a non sceglierla???

Qui, più che per il film in sé per sé, la citazione è per l’autore. Il numero uno, secondo il mio modesto parere. Potevo scegliere questa o qualsiasi altra. Veramente avevo in mente la scena in cui la “dea dell’amore” gli regala una cravatta giallo rossa perché lui non voleva un pompino., purtroppo su Youtube non l’ho trovata. Ma anche questa però ha il suo perché

Qui invece la scelta l’ha dettata il film, perché in assoluto, dovessi scegliere con la pistola puntata di dire un titolo, uno ed uno solo, direi questo. E poi perché sogno un giorno di questi (in fondo come tempi ci siamo, il prossimo giugno saranno 30 dalla maturità) di poter vivere una scena come questa con i miei amici di sempre

Anche qui la scelta è fatta per il film (eccezionale) e come omaggio ad un attore talmente bravo da lasciarmi spesso senza parole. Anzi solo una. Peccato!

La prossima è invece un mix: il film giusto, gli attori giusti, la scena giusta. What’else? al di là di tanti manuali, al di là di tante elucubrazioni sui rapporti uomo donna…ma quanto c’ha ragione questo film???

Anche qui il film è bellissimo, uno dei miei preferiti e avrebbe avuto anche altre scene da ricordare: “Stupid is as stupid does”, oppure il “ora sono un po’ stanchino”, fanno parte anche loro del mio bagaglio (pseudo)culturale. Ma questa scena però ha un qualcosa in più

Uno dei film più belli della storia del cinema italiano, pieno di scene e citazioni tali da rendere difficile la scelta. Difficile, ma non impossibile, perché secondo me questa scena rappresenta quel tipo di mentalità, inarrivabile, che racchiude l’essenza della comicità napoletana. Avrei potuto mettere una scena di Totò o di Eduardo, ma il modo in cui dice questa frase Troisi, supera tutto il resto.

Chiudo con quella che sempre più sta diventando la “mia” citazione. Il film, come tutti quelli di questa serie, è bellino senza pretese, ma la frase è eccezionale, perché ci sta sempre bene, in qualsiasi situazione.

 

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Le 10 cose che non cambieranno mai

Non sono un maniaco della coerenza. Non creda sia la virtù delle virtù. Una certa corrispondenza fra quello che uno dice e quello che uno fa è ovviamente auspicabile. Come anche una certa consequenzialità tra quello che pensavi ieri (o l’altro mese o l’anno scorso) e quello che pensi oggi. Però è anche giusto, normale, direi anzi sano, cambiare idea. In politica, ad esempio. Sarà che a parte la lega e Burlesquoni (perché certo, c’è un limite a tutto) posso dire di aver praticamente votato tutti i partiti (non che ne vada fiero, però è così. E’ successo), ma certo la coerenza politica ad esempio, non mi sembra una gran dote. Anzi, ho imparato a diffidare di quelli che non riescono a sviluppare un senso critico tale da non fargli riconoscere le minchiate quando a farle sono personaggi della loro sponda politica.

Ma non divaghiamo, questa era solo la premessa. Volevo dire che, appunto, penso sia naturale cambiare opinione o gusti, abitudini, valutazioni. E’ connesso all’andare avanti, all’imparare dall’esperienza, alla curiosità di scoprire nuove cose e infine direi che la capacità di cambiare idea sia connesso al saper ascoltare gli altri. Però…però ci sono cosa che non cambieranno mai. Mai dire mai, direbbe qualcuno. Allora diciamo che queste 10 in questi quasi 48 anni sono rimaste inalterate.

La puzza delle BigBabol. Che mi ha sempre fatto schifo. 40 anni fa come adesso. Se qualcuno mi dicesse, vuoi restare chiuso in ascensore con uno che ha mangiato fegato con le cipolle o con uno che mastica BigBabol, non avrei dubbi. Non le reggo, le abolirei per legge.

Lo stordimento dei ricordi che mi provoca Last train to London degli Elo (che mio fratello aveva ribattezzato “resta in mutande”). La sento e bamm torno ad avere quattordi anni. E’ automatico. Così rimedio anche alla dimenticanza imperdonabile di non averla inserita qui  https://giacani.wordpress.com/2014/08/08/le-mie-10-canzoni/

L’estasi culinaria che mi dà il prosciutto crudo. Quello dolce, morbido, direi al limite del papposo. San Daniele, o ancora meglio, la Cinta senese. Potrei mangiarne fino allo sfinimento, al di là delle umane capacità.

L’attacco di squerequez pre-esami. E ovviamente essendo passato qualche anno dall’ultimo esame non posso affermare con certezza che valga ancora oggi: ma avendone avuto prova certa dalla maturità all’abilitazione e avendone avute ulteriori testimonianze in situazioni assimilabili i dubbi scompaiono. Il bello è che apparentemente non avevo alcuna paura degli esami, nessuno stress, nessun ansia. L’intestino però ragionava per conto suo. Evidentemente, non è solo il cuor, a cui non si comanda. (Devo spiegare cosa in termini scientifici si intende per “squerequez”?)

La sensazione di essere “a casa”, con l’attraversamento di Ponte Tazio. Per chi non è di Roma, è il ponte sulla Nomentana che attraversa l’Aniene che segna l’inizio di Montesacro. Per me niente è più vicino all’idea di casa di questa strada.

L‘insonnia pre-viaggi. Anche qui, come per gli esami. Viaggiare non mi dà ansie, non particolarmente almeno. Ma la notte prima di partire, regolarmente, mi sveglio ogni mezz’ora. Posso mettere 4 sveglie, chiedere a Ale di metterle anche lei…niente da fare, non ci riesco.

Quando leggo o sento espressioni tipo “la migliore canzone, il miglior film, la peggior tragedia del secolo scorso” io mi perdo. Perché per me il secolo scorso è il 1800. E non ammetto spiegazioni differenti. Se vi riferite al 1900 dite “millenovecento”, se dite il secolo scorso, io non vi seguo. Ve lo dico prima.

Il malumore che mi dà la pioggia. Lo so, si chiama essere metereopatici, niente di speciale, né di originale. Ma la colpa è di Roma. Non piove mai, ma disgraziatamente quando piove, il traffico impazzisce. Perché quando non piove non c’è traffico? Ah ah ah ah ah buona questa! Avete presente la fattoria degli animali di Orwell, dove tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri? Ecco, A Roma c’è sempre traffico, ma quando piove, deppiù!

Il buonumore che mi mettono le comiche di Stanlio e Ollio. Anche qui niente di originale, visto che sono almeno 80 anni che fanno ridere generazioni e generazioni. Per me sono meglio di una medicina, meglio di un antidepressivo. Unici e inarrivabili.

Ovviamente, essendo questa l’ennesima lista di cose minchione, non contiene in sé le cose serie che negli anni sono rimaste inalterate. L’amore per alcune persone, l’attaccamento alla Lazio (ah, be’, quella è una cosa abbastanza minchiona, forse la potevo inserire). Perché quelle rientrano in un altro sentimento. Come dicevo all’inizio, non penso sia una gran cosa la coerenza. Perché si è coerenti alle idee, ovvero alle cose. Alle persone no. Alle persone si è fedeli. E quella è tutta un’altra storia.

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Dimmi quel che leggi e ti dirò chi sei. Test intelletualminchione

E insomma, prima i gatti (http://shockanafilattico.wordpress.com/), poi le divinità (http://musicfortraveler.wordpress.com/), e poi ancora le fanciulle (http://opinionediunaragazza.wordpress.com/), non potevo esimermi dal provare anch’io questo giochino di fine estate (poi lo sapete, più le cose hanno un ché di minchione, più io non mi tiro indietro). Ci sono 15  tracce per descriversi attraverso i titoli di libri. Unica condizione, devono essere libri già letti. Utilizzo tutti i miei autori preferiti (mancano Tolkien, perché il gattaccio m’ha rubato una bellissima risposta e Hornby, perché invece me l’ha rubata Zeus). I due più preferiti degli altri addirittura doppia citazione. E così partiamo.

Sei maschio o femmina? Ecco, cominciamo con le domande minchione. Secondo te? Avrei voluto rispondere con Il corsaro nero, però facciamo la persona seria e quindi rispondo con Se questo è un uomo (P. Levi). E qui finiscono le cose serie di questo giochino.

Descriviti. Ma nel senso, sono alto così, sono grasso cosà…no, immagino di no. Allora dico che se esistesse vorrei tanto far parte de Il club degli incorreggibili ottimisti (J.M. Guenassia). Forse questa è la cosa mi descrive meglio.

 Cosa provano le persone quando stanno con te? Oddio, chi lo sa, dovresti chiederlo a loro. Ma visto che sono anche un bel po’ presuntuoso, rispondo con un auspicio e dico che stare con me è come fare un Sogno di una notte di mezza estate (W. Shakespeare)

Descrivi la tua relazione precedente. Urca, andiamo nel passato remoto…e siccome la memoria è fallace, ma la fantasia non mi manca allora direi Una stagione selvaggia (J.R. Lansdale)

Descrivi la tua relazione attuale e qui mi limito al titolo, non c’è molto altro da aggiungere Tenera è la notte (J. Fitzgerald)

Dove vorresti trovarti? In questo preciso momento? Ne Il mondo alla fine del mondo (L. Sepulvida), se non altro perché quello è uno dei viaggi che prima o poi farò.

Come ti senti nei riguardi dell’amore? In che senso come mi sento. Bene, come altro mi dovrei sentire. E quindi, per omaggiare il grande PGW, dico Lampi d’estate (P.G. Wodehouse)

Come descriveresti la tua vita? Qui non ho dubbi, Una vita piena (J. Fante)

Cosa chiederesti se avessi a disposizione un solo desiderio? Questa è complicata. Rimango nel mio autore preferito e dico che vorrei avere tanti soldi, licenziarmi e comprarmi un bel vigneto, così da fondare La confraternita dell’uva (J. Fante)

Dì qualcosa di saggio Eh, ti pare facile! Un po’ come quando Moretti chiese a D’Alema di dire qualcosa di sinistra. E poi io diffido da quelli che pensano di poter dire qualcosa di saggio. Quindi dico Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano (Gino e Michele), che magari non vi illuminerà la vita. Ma ha un sua saggezza, datemi retta!

Una musica. Torno al grande Joe e dico Il mambo degli orsi (J.R. Lansdale), anche se in realtà è più un ballo che una musica. E chi ha letto il libro sa che non è nemmeno un ballo…ma certamente ha una sua musicalità!

Chi o cosa temi? Qui vado sul classico e dico Per chi suona la campana (E. Hemingway)

Un rimpianto. Restiamo in America (come autore), ma invece temo siamo profondamente in Italia dicendo Non è un paese per vecchi (C. Mc Carthy), il guaio è che fra un po’ non sarà neanche un paese per giovani.

Un consiglio per chi è più giovane e quindi, collegato a quanto dicevo prima, qui mi faccio aiutare dalla grande giallista francese e dico Parti in fretta e non tornare (F. Vargas) o forse torna. Ma non prima di aver fatto i soldi!

Da evitare, vado su un altro dei miei preferiti, sempre francese. Perché si sa, chi potrebbe salvarci, ma chi sicuramente ci potrebbe far perdere, se non una donna? E quindi dico La fata Carabina (D. Pennac)

Sotto a chi tocca!

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Le mie 10 canzoni

Senza musica la vita sarebbe un errore. Friedrich Nietzsche

Era tanto che volevo scrivere un post così. La musica non è un elemento accessorio della mia vita, ma ne fa parte in modo essenziale, non mi lascia mai, mi accompagna in ogni situazione. Probabilmente è la cosa più bella che esiste, la più bella che l’uomo abbia mai inventato, ammesso che l’abbiamo inventata noi. Se mi guardo indietro ogni tempo ha avuto la sua musica, ogni sentimento, ogni situazione e non c’è nulla di più concreto e di più immediato di una canzone per far tornare alla mente le sensazioni provate, il passato, il presente e il futuro. E queste sono le mie dieci canzoni: le più belle, le più significative. Le mie!

Thunder Road. E’ la canzone del coraggio di vivere e del rialzarsi sempre. Non importa quanto sei stanco, non importa quanto non ti va: il Boss dice che si può fare, che ce la posso fare, basta volerlo. E se lo dice il Boss, chi sono io per contraddirlo?

Baba O’Reily. L’età adulta, la scelta di abbandonare un passato certo, per un futuro diverso, di chiudere definitivamente delle porte per poterne aprire delle altre. La paura e la speranza. Soprattutto, la certezza che fatto qual passo indietro non si torna.

Wish you were here. La nostalgia per chi non c’è più. Non riesco a farci i conti con questa canzone ed in generale con i Pink Floyd. Di una bellezza inaudita, ma troppo dolore, troppo.

https://www.youtube.com/watch?v=NavVfpp-1L4

The Pretender. La sicurezza. E’ la canzone della calma dopo la battaglia, quella del ritorno a casa, dei lunghi viaggi in macchina nella notte. Una notte brillante di stelle, che arriva dopo un giorno faticoso, ma pieno di soddisfazioni.

https://www.youtube.com/watch?v=y8igE_2kioE

Goodbye Stranger. L’adolescenza. Ne avrei potute scegliere molte altre, ma questa è certamente la più significativa, quella che più di tutte mi fa ripiombare indietro di trent’anni. Quella che mi fa risentire i profumi, i sapori, le voci degli anni del liceo, dei pomeriggi spensierati, ma insieme pieni di pensieri. Degli anni delle grandi scelte, perché ancora era tutto da scegliere. Per inciso oggi è la suoneria della sveglia.

We’ve got tonight. I percorsi perduti, i sentieri interrotti della vita, non per forza scelte sbagliate, ma certamente quelle non portate avanti. Senza rimpianti. Quelle strade che avremmo potuto seguire, che ci sarebbe piaciuto seguire, ma che abbiamo deliberatamente scelto di non continuare a percorrere.

Blackbird. La tristezza. Quella con cui impari a convivere, quella che sta sempre insieme a te, anche nei momenti più belli, anche nelle gioie più grandi, quel senso di incompiutezza, di nodi irrisolti, di questioni aperte. Ma insieme anche quella tristezza tenera, a cui ti abbandoni, certo che lei non ti lascerà mai, a cui in fondo hai imaparto a voler bene.

With or without you. Le contraddizioni, i conflitti, il giusto e lo sbagliato insieme. L’andare quando bisognava fermarsi, il dire quando bisognava tacere. La vita in fondo, cos’altro?

https://www.youtube.com/watch?v=XmSdTa9kaiQ

Powderfinger. La forza. La certezza di farcela. E’ un passo in più di quella del Boss: andrebbero ascoltate insieme, una dopo l’altra, perché dove finisce quella comincia questa. Se vogliamo, forse questa potrebbe essere la canzone del domani.

https://www.youtube.com/watch?v=9nTthuudYDY

Firth of  Fifth. Semplicemente la bellezza della vita. Ancora oggi mi incanta. Dovessi sceglierne una da ascoltare sempre, da qui all’eternità, non potrei non scegliere lei.

https://www.youtube.com/watch?v=RraylR8rFfY

Ne mancano moltissime. Non c’è la “nostra” canzone, perché quella è di Ale e mia e basta. Non ci sono canzoni che hanno dietro dei ricordi precisi ed indelebili: non necessariamente grandi canzoni, ma che certamente hanno fatto parte della colonna sonora della mia vita. Penso ai Spandau o agli ELO, ai Queen o ai Dire Straits. Non c’è molto presente, non ci sono i Rem o i Green Day, i Pearl Jam, i Counting Crows, tutti gruppi che accompagnano le mie giornate oggi e in un recente passato. Ma non si possono ricordare tutti. Non ci sono canzoni italiane, semplicemente perché pur essendocene di molte belle e anche molto significative, nessuna, almeno nella mia personalissima opinione, può competere con queste.

Sarà difficile, ma spero sempre che la più bella sia quella che ancora dev’essere scritta.

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10 futili motivi di felicità

L’Italia è stata eliminata. E anch’io non mi sento tanto bene. E allora, perché non dedicarsi a un bel post minchione, della serie le 10 cose che? 10 motivi per essere felici. Chi non vuole essere felice? Ma qui non si parlerà di motivi seri per essere felici: troppo facile elencare, che so, lo svegliarsi a fianco della persona che ami, vedere la partita di calcio di tuo figlio, essere d’aiuto ad un amico.

Non voglio nominare neanche quei motivi che pur non essendo seri, comunque riescono a dare il verso a una giornata, tipo una vittoria della Lazio, fare una passeggiata in montagna, oppure l’uscire dall’ufficio il venerdì pomeriggio. No questa è un classifica minchiona e quindi elencherò quei motivi futili, quelle cause occasionali, che possono esserci oppure no, che ti capitano, non ti vai a cercare, che però hanno la capacità di colorare le giornate, di dargli quella lieve sfumatura che ben ti predispone e che ti aiuta ad affrontare le sfracassature varie che ogni giorno dobbiamo affrontare.

La prima cosa che mi viene in mente è l’uscita mensile di Tex. Da circa 4o anni a questa parte, da quel numero 118 uscito nel dicembre del 73, per me è un appuntamento fisso. E lo so che non è più quello di una volta. E lo so che le storie non mi prendono più come allora. Ma il fatto di entrare dal giornalaio e trovarlo lì fra tutte le altre cose, il fatto di prenderlo, di averlo fra le mani, con quel dorso biancoazzurro, quelle pagine bianche e nere, sentirne l’odore, andare a vedere la copertina del prossimo numero…troppo bello!

Un secondo motivo è sentire il profumo del ryncospermum. E voi vi chiederete, echecazz’è il ryncospermum? In effetti ha un nome improbabile, sembra qualcosa di viscido, ma in realtà è quella pianta rampicante con i fiorellini bianchi di cui è piena Roma (ma penso anche altre città). Quando fiorisce il profumo dei suoi fiori è l’annuncio dell’arrivo della primavera. Magari poi ancora farà freddo, forse pioverà, ma quel profumo è un segnale inequivocabile…ci siamo, la bella stagione sta per tornare!

Poi, continuando nella scia dei profumi, metterei l’apertura della scatola dei biscotti Gentilini. Fate colazione con qualcos’altro? Magari con quelli del Mulino Bianco? Non conoscete i Gentilini? Non avete mai provato i Vittorio, quelli a sigaretta con il profuno di limone o gli Osvego al miele? E va be’, continuiamo così, facciamoci del male (cit).

Ci sono poi quei futili motivi di felicità che si annidano dentro sfighe clamorose. Entra l’ora legale? Però almeno le giornate si allungano. Ritorna l’ora solare? Però almeno si dorme un’ora in più. E’ un po’ la filosofia del “could be worse…could be raining!“. Effettivamente già quando non piove uno dovrebbe essere felice. Ma c’è un futile motivo per essere felici anche a novembre? Anche quando piove e le giornate si accorciano? Quando devi tirar fuori i cappotti e hai davanti a te 5 mesi di brutto tempo? A volerlo trovare sì che c’è. Una bella bottiglia di rosso novello.

Un altro motivo neanche troppo futile (almeno in certe zone di Roma) è il trovare parcheggio. Ma al di là delle implicazioni pratiche, mi dà gusto l’idea in sé, l’ontologia del posto libero. Il fatto che giri e rigiri, cerchi e ricerchi e proprio quando sei lì semidisperato, che imprechi contro il fatto di aver voluto prendere la macchina, contro il sindaco di turno, contro il destino cinico e baro… eccolo lì! Un posto! Incredibile, solo soletto che aspetta solo te.

Comprare la Settimana Enigmistica. Che rigorosamente a casa mia compare a metà giugno e scompare a fine agosto. Io poi faccio solo due giochi: la ricerca di parole crociate e le cornici concentriche, quando ci riesco. Al limite, a volte anche il Sudoku, ma proprio se non ho niente da fare. In compenso però leggo tutte quelle cazzatelle tipo “forse non tutti sanno che” o “strano ma vero”. Niente ha il gusto dell’estate più di quello.

Svegliarsi presto la domenica mattina. Senza la sveglia, senza alcun motivo, senza niente da fare. Ma questa cosa già l’ho raccontata, esattamente qui  https://giacani.wordpress.com/2013/10/06/leggera-come-la-domenica-mattina/

Ci sono poi piacere ambivalenti, in cui è bello questo, ma anche quello, una cosa e il suo esatto contrario. Ad esempio. Partire, ma anche tornare. Non tanto per il viaggio in sè, neanche per la meta. Basta l’idea, la pianificazione, perdere mezza giornata guardando siti, immaginando itinerari, controllando le distanze. E pensare poi che comunque c’è anche un ritorno.

L’altro futile motivo di felicità ambivalente è il sapere cosa farà, ma anche essere sorpresi. Conoscere così bene una persona, nei suoi pregi, nei suoi difetti tanto da poter ripetere nella mente le parole esatte che dirà in quella precisa situazione, sapere senza ombra di dubbio come reagirà a quella cosa che stai facendo. Ma anche il contrario. Rimanere completamente spiazzati, disorientati e confusi di fronte ad una reazione inaspettata, mai vista prima, del tutto imprevedibile.

Riuscire a “chiamarsi” le cose. Pensare ad una cosa, ma così senza pensarci troppo e quella accade. Pensare a qualcuno ed ecco arriva un messaggino su What’s up. Canticchiare una canzone la mattina e poi nel pomeriggio ascoltarla accidentalmente in una situazione inaspettata, magari come suoneria del telefonino di uno che incontri per caso…e la radio che passa Neil Young, sembra avere capito chi sei.

In effetti dieci sono pochi.  Me ne vengono in mente tanti altri. Mi verrebbe da dire ad esempio l’entrare in qualsiasi libreria, soprattutto se non hai niente da comprare (ma tanto sai già che qualcosa prenderai lo stesso), segnare un goal il giovedì sera (un gusto effettivamente unico, che forse va anche al di là dei futili motivi), bere un caffè al vetro, accendersi una sigaretta dopo che sono mesi che non fumi, vedere un nuovo episodio di Grey’s Anatomy, andare a correre, leggere un post dei tuoi blogger preferiti, comprare la Repubblica la domenica mattina e leggere il fondo di Scalfari pensando quanto sia pesante, retorico un vero trombone, ma quanto ti piace, trovare finalmente le ciliege al mercato, magari quelle bianche toste e asprigne di Ravenna, cucinare il pesce, il profumo del basilico, tornare dalla spiaggia e prepararsi un aperitivo con il Punto e Mes e tanto ghiaccio, la colazione di Pasqua con il salame, la cioccolata e la gara a coccetta delle uova sode, la faccia dei ragazzi la mattina di Natale davanti ai regali, addormentarsi nel letto con le lenzuola pulite appena messe (non quelle di un albergo, che si presume lo siano. No, quelle di casa, che hanno quel profumo che non trovi altrove), passeggiare per viale Libia il sabato mattina, le mattine d’estate quando improvvisamente c’è quell’arietta fresca e quelle giornate di sole quando in pieno inverno sembra quasi fare caldo, preparare la brace per il barbecue. Forse però, dovessi aggiungerne una sola cosa ai futili motivi, allora metterei il rivedere per l’ennesima volta uno dei tanti episodi di Stanlio & Ollio e ripete le battute ridendo prima ancora che le dicono. “Stanlio, tu che ne pensi dell’amore a priva vista?” “Che fa risparmiare tempo”.

 

stanlio e olio